Belgio, 30mila bambini venduti dalla Chiesa all’insaputa delle madri: «Una suora mi disse: tua figlia non c’è, tu sei stata sterilizzata»

L’inferno delle ragazze incinte e non sposate rinchiuse negli istituti religiosi

Belgio, 30mila bambini venduti dalla Chiesa all’insaputa delle madri: «Una suora mi disse: tua figlia non c’è, tu sei stata sterilizzata»
di Mauro Evangelisti
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Giovedì 14 Dicembre 2023, 21:38 - Ultimo aggiornamento: 22:07

«Ho cercato mia figlia per vent’anni, dopo che la suora me l’aveva portata via, è stato tutto inutile». Trentamila neonati dati in adozione da istituti della Chiesa cattolica in cambio di denaro e all’insaputa delle madri che venivano sottoposte a maltrattamenti, interventi di sterilizzazione, abusi sessuali. Tutto è successo in Belgio per quasi 40 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale in nome dell’integralismo e di una interpretazione crudele dei principi religiosi. Le ragazze rimaste incinte senza essere sposate venivano portate in strutture gestite dalla Chiesa. E lì trovavano l’inferno. Alcune di loro, durante il parto, venivano obbligate ad indossare una maschera, in modo che non vedessero il figlio appena nato. Per altre c’era l’anestesia totale.

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Il parto

«Avevo mal di pancia.

Mi chiedevo cosa fosse. È venuta l’infermiera. Le ho detto: “Ho dolori”. Mi ha detto che avevo appena partorito con il cesareo e che ero stata sterilizzata. Ho detto: “Scusate? Mi avete sterilizzato senza il mio permesso?” Poi è arrivata una suora. Le ho chiesto dove fosse mia figlia. Lei mi ha detto che non c’era, non era lì. L’ho cercata per anni, per anni... Sì, davvero. Avrei voluto tenere mia figlia tra le braccia». Cyrilla oggi ha 67 anni, vive in Belgio, e in una intervista rilasciata alla tv Rtl ha riaperto la pagina più dolorosa della sua vita. Quando aveva appena 23 anni, fu portata in un istituto delle suore, a Lommel, nel Nord Est del Belgio, come succedeva alle ragazze che aspettavano un figlio e non erano sposate. Venne costretta a lavorare, «dovevamo pulire le cucine, le camere». Fino a quando un giorno la trasferiscono in ospedale, la sottopongono ad anestesia totale. Non vedrà mai la bambina data alla luce e non potrà avere altri figli, perché la sterilizzano. Questa è una delle tante storie che stanno scuotendo il Belgio e ponendo sotto accusa la Chiesa cattolica, perché tra la fine della Seconda guerra mondiale e la metà degli anni Ottanta almeno 30mila bambini sono stati dati in adozione da istituti religiosi all’insaputa della madre. Anzi, sono stati venduti, visto che la Chiesa cattolica belga chiedeva in cambio per ogni neonato una cifra compresa tra i 10mila e i 30mila franchi (tra i 250 e i 750 euro). Nel 2015, quando ci furono le prime rivelazioni, la Conferenza episcopale fiamminga chiese scusa alle vittime delle adozioni forzate. In questi giorni però un podcast molto dettagliato (Kinderen van der Kerk, Figli della Chiesa) realizzato dalla testata Het Laatste Nieuws, ha ricostruito la storia, facendo parlare sia le madri a cui furono sottratti i figli sia i bambini dati in adozione forzatamente dalla Chiesa in cambio di denaro. I vescovi sono di nuovo intervenuti, hanno chiesto una indagine indipendente sulle adozioni forzate e spiegato di comprendere il dolore e il trauma delle vittime. Il caso è arrivato in Parlamento, e tra gli interventi ce n’è stato uno che ha suscitato molta emozione e un applauso sincero degli altri deputati. Ha parlato, in lacrime, la deputata Yngvild Ingels che ha detto: «Per i genitori il cui figlio è stato adottato c’è sempre una domanda centrale: dov’è nostro figlio? Io avrei voluto dire loro che sto bene e che ho trovato una casa calda». Già quattro sacerdoti sono stati sospesi, ma il ministro della Giustizia, Paul Van Tigchelt, ha spiegato: «Quello che è successo è spregevole. Questi fatti devono essere esaminati fino in fondo. Serve una adeguata preparazione alla visita di Papa Francesco in Belgio nel 2024». Inoltre, è ancora al lavoro una commissione parlamentare d’inchiesta sugli abusi sessuali avvenuti all’interno della Chiesa e s’ipotizza l’approvazione di un emendamento che riconosca i bambini dati illegalmente in adozione come “vittime della tratta di esseri umani”».

Responsabili

Debby Mattys, 57 anni, è una delle neonate vendute dalle suore: «Mia madre era diciottenne quando ha avuto una gravidanza indesiderata. L’ho cercata per vent’anni, ma è stato inutile». I documenti non sono stati conservati o sono stati distrutti. Aggiunge: «La Chiesa ha una responsabilità enorme. Non solo per quello che è successo in passato. Anche oggi continua ad abusare del potere permettendo che i documenti e i file scompaiano. E non collabora».

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