Vinicio Capossela a Todi venerdì 3: «In Umbria è come tornare a casa. Sarà un concerto prezioso».

Vinicio Capossela a Todi venerdì 3: «In Umbria è come tornare a casa. Sarà un concerto prezioso».
di Michele Bellucci
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Giovedì 26 Ottobre 2023, 21:09

TODI - «Suonare a Todi sarà un’ulteriore tappa di scoperta di questa regione. Ogni volta che sto qui mi sembra di tornare a casa. Ci sono tante cose che rendono prezioso questo concerto». A dichiararlo è Vinicio Capossela, che venerdì 3 novembre sarà protagonista al Teatro Comunale di Todi con una data del suo tour “Con i tasti che abbiamo” (inizio alle 21). In scaletta i brani dell’ultimo lavoro discografico “Tredici Canzoni Urgenti”, vincitore della prestigiosa Targa Tenco 2023 nella categoria Miglior Album. Ad accompagnare Capossela sul palco ci saranno Andrea Lamacchia al contrabbasso, Piero Perelli alla batteria, Alessandro “Asso” Stefana alla chitarra, Raffaele Tiseo al violino, Daniela Savoldi al violoncello e Michele Vignali al sassofono. Altri appuntamenti di questo tour saranno impreziositi dalla presenza di ospiti speciali, ma gli organizzatori per il momento confermano che a Todi non ce ne saranno. L’appuntamento fa parte di "Moon in Canto", rassegna promossa dall'associazione Moon in June in collaborazione con il Comune di Todi.

Vinicio Capossela, tornare in Umbria fa sempre riemergere ricordi?

Sì, a partire dal ricordo di uno dei primi concerti della mia carriera, a Perugia. Era il 28 febbraio del 1992, ho ancora la locandina. Lì si strinse l’amicizia con un promoter che è durata tutta la vita. Parlo di Sergio Piazzoli. Grazie a lui ho conosciuto un sacco di musica, ad esempio Jeff Buckley. Ma ho anche scoperto la musica medievale, che ignoravo del tutto. E poi ho scoperto molti luoghi dell’Umbria, perché aveva molta attenzione verso questo aspetto. Del resto molto del concerto dipende da dove si tiene.

Quali tasti avremo a Todi?

Da bambino ho disegnato dei tasti su una tavola di legno, perché desideravo uno strumento a tasti e non lo avevo. Nell’immaginare una cosa c’è un desiderio, poi magari si cerca di realizzarlo. Nasce come visione. Per quello credo nel potere rivoluzionario dell’immaginazione.

Ma come evitare di rimanere intrappolati nell’immaginazione?

Bisogna essere consapevoli dei limiti, anche solo capire dove finisco io e inizia un’altro. Questo è importante soprattutto in una società “no limits” come la nostra. Ok sognare in grande, ma per non frustrarci troppo è bene che i desideri siano veramente nostri e non indotti.

Quindi l’ultimo è un album che nasconde un’urgenza?

Sì, le tematiche dell’album spesso non vengono affrontate dalla politica o dalla legislazione.

Però rimangono e fanno parte della nostra società. Mussolini diceva “non ho inventato il fascismo, l’ho estratto dall’inconscio degli esseri umani”, diciamo quindi che siamo tutti responsabili.

Sono canzoni che nascono dalla sofferenza?

“Soffri e impara”, come dicevano i greci. Ma il dolore non è un buon maestro, lo è di più la speranza. Quindi anche quando le urgenze nascono da cose non positive, che magari vanno denunciate, ci deve sempre essere la volontà d’indicare dove sta l’errore per cercare di migliorare.

Attraverso l’arte?

Basta penare ad Ariosto, il poeta della libertà e del fantastico. Il brano “Ariosto governatore” nasce da un episodio della sua vita, quando venne mandato in Garfagnana e lì sperimenta la possibilità di agire in concreto nella realtà. Noi dovremmo essere coinvolti nell’emozione ma è poi fondamentale trovare le parole, perché il mostruoso cresce nell’isolamento.

Con le parole quindi deve esserci anche la musica?

La musica può essere occasione di circolazione di idee. Nello specifico di questo disco apre anche delle forme di consapevolezza un po’ diverse. Del resto c’è musica per ogni stato d’animo e mi confronto con lei in libertà, cercando sempre quella più adatta per la storia che voglio raccontare. In questo disco ci sono delle cose che non avevo mai fatto prima, anche da un punto di vista armonico o ritmico… dalla musica antica al soul o alle sonorità anni ’90 a cui fieramente appartengo.

Cosa può dirci del concerto?

Che le canzoni acquisiranno molta più forza vivendole in comunità. A partire da quel che c’è sul palco: una bellissima formazione, con archi e fiati oltre agli altri strumenti, che permetterà di esprimere al meglio la musica così che la parola si stagli con chiarezza. Il senso di comunità parte già da lì. Ci sarà un allestimento molto materico, con delle lampadine, una luna gonfiabile e un telone per le luci… solo questo. È un concerto che attraversa tante emozioni, dal quale uscire un po’ rivoltati nella coscienza ma anche con speranza.

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