L'incidente sulla pista ciclabile ad Assisi. «Un’imprudenza in bici è costata la vita a Francesco Fiorucci»

La sede della procura
di Enzo Beretta
3 Minuti di Lettura
Lunedì 6 Marzo 2023, 07:00 - Ultimo aggiornamento: 15:42

Quel drammatico 27 ottobre Francesco Fiorucci attraversava via San Rufino D’Arce a 21 chilometri orari senza rispettare i segnali di «stop, dare precedenza». «Probabilmente anche a causa di tale comportamento il ciclista non si avvedeva che all’imbocco della ciclabile a valle della carreggiata era stata collocata impropriamente una recinzione di cantiere a maglia metallica posta trasversalmente all’asse della carreggiata e tale da ostruirne completamente la larghezza. La recinzione, oltre ad essere sprovvista di qualsivoglia elemento che la rendesse chiaramente visibile per il traffico veicolare della ciclabile, non era stata in alcun modo presegnalata con l’indispensabile cartellonistica temporanea di cantiere» e «il ciclista impattava dunque a piena velocità contro la barriera metallica, rovinando al suolo. A nulla valsero i soccorsi prontamente prestati al ciclista che riportava lesioni che lo conducevano alla morte». È quanto scrive l’ingegner Michele Fiorentini, consulente tecnico della Procura di Perugia che in seguito al decesso del 63enne schiantatosi contro la recinzione che delimita un cantiere sulla ciclabile Spoleto-Assisi mentre si trovava in sella alla propria mountain-bike Cannondale ha iscritto i nomi di quattro persone nel registro degli indagati, più nello specifico quello dei tre rappresentanti legali della ditta che stava eseguendo gli interventi e del responsabile dei lavori. L’esperto, che nei giorni scorsi ha depositato la consulenza di 272 pagine, parla di una «generica imprudenza nell’attraversamento della carreggiata» da parte della vittima, la cui ricostruzione dell’incidente è stata resa possibile anche grazie al dispositivo elettronico Polar V650 installato sul manubrio della bici, utile a rilevare la velocità tramite sistema Gps connesso con l’iPhone.

Fiorucci - è scritto - ha commesso una «chiara violazione» dell’articolo del Codice della strada riguardante la «precedenza». Non fermandosi allo «stop» - spiega il consulente - ha posto «in essere un attraversamento di fatto pericoloso che richiese probabilmente una contestuale valutazione della presenza di veicoli provenienti da destra e sinistra cui concedere precedenza»: «Ciò distrasse l’attenzione del ciclista dalla strada davanti a sé, facendogli mancare la percezione del pericolo costituito dalla recinzione posta trasversalmente alla pista ciclabile che si accingeva a imboccare». Fiorucci però - aggiunge Fiorentini - «dal canto suo non poteva sapere che l’area di cantiere non fosse di fatto fruibile, così come le ditte esecutrici e i tecnici della committenza non potevano ignorare il fatto che la pista ciclabile fosse da tempo utilizzata liberamente dall’utenza stradale e per questa ragione non potevano non rilevare, e dunque valutare, il pericolo venutosi a costituire con la ripresa dei lavori e contestuale interruzione della continuità dell’itinerario ciclabile». La famiglia di Francesco Fiorucci è assistita dall'avvocato Delfo Berretti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA