Stefano Brando, il medico morto di Covid: i risultati dell'autopsia

Stefano Brando, il medico morto di Covid: i risultati dell'autopsia
di Egle Priolo
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Giovedì 8 Aprile 2021, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 21:46

PERUGIA - Nessuna responsabilità di operatori e sanitari del 118 e nessuna responsabilità dei medici che lo hanno curato, prima in Malattie infettive e poi in Terapia intensiva. Queste, secondo le prime indiscrezioni, le risultanze della relazione sull'esame autoptico sul corpo di Stefano Brando, il medico di famiglia morto di coronavirus lo scorso 19 novembre, il primo in Umbria.

Dopo l'esposto della famiglia, la procura di Perugia, a firma del procuratore aggiunto Giuseppe Petrazzini, aveva aperto un fascicolo per omicidio colposo contro ignoti e affidato a un collegio di consulenti tecnici nominati insieme procuratore capo Raffaele Cantone (Antonio Oliva, Vincenzo Arena e Andrea Arcangeli) l'autopsia su Brando. Un esame importante non tanto per stabilire le cause della morte, individuate immediatamente negli organi in sofferenza dopo la grave polmonite bilaterale che hanno portato all'arresto cardiaco, ma per rispondere ai quesiti della procura sulle eventuali responsabilità sulle tempistiche del ricovero prima e del trasferimento in Terapia intensiva poi. Tanto che Petrazzini aveva chiesto ai Nas di conoscere anche lo stato di occupazione dei posti letto in ospedale in quei drammatici giorni. E nella lunga relazione consegnata in procura nei giorni scorsi, gli esperti hanno escluso qualsiasi responsabilità in capo ai sanitari del 118 come ai professionisti che lo hanno avuto in cura nelle tre settimane in cui Brando ha lottato strenuamente contro il virus.

Il collegio non ha mancato di sottolineare, in verità, le risposte sulle lunghe attese e il possibile trasferimento in un altro ospedale diverso dal Santa Maria della misericordia ventilate dagli operatori del 118 nelle quattro telefonate in cui Brando ha chiesto l'intervento di un'ambulanza per essere ricoverato. Ma i tre esperti hanno comunque concluso spiegando come la situazione di attesa e di disagi in quel momento, nel pieno della seconda ondata, fosse un problema di livello nazionale. Rispondendo così ai dubbi e al dolore della moglie e delle tre figlie dell'amatissimo medico, che da mesi ribadiscono lo sconcerto per un ricovero secondo loro troppo ritardato, rispetto a un avanzare dei sintomi che Brando, professionista accorto, sentiva come rischioso. Si attendono quindi adesso le risultanze ottenute dal perito di parte nominato dai familiari di Brando, per capire se e come procederà la vicenda giudiziaria. Almeno tra le carte bollate. Perché il dolore della famiglia non sarà (e non sarebbe stato) attutito neanche da una relazione o da un parere che indichi bersagli al proprio animo infranto.

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