Sfidò i cecchini afgani per salvare i
militari feriti

Sfidò i cecchini afgani per salvare i militari feriti
di Ilaria Bosi
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Sabato 26 Luglio 2014, 19:46 - Ultimo aggiornamento: 27 Luglio, 17:14
SPOLETO - Paracadutista per scelta, una medaglia d'Argento al valore dell'Esercito e tanta voglia di onorare la sua divisa.

Francesco Barzacca, spoletino purosangue, a tre anni esatti dall’impresa in Afghanistan che gli è valsa l’onorificenza del Capo dello Stato, guarda avanti.

Lo zaino sempre pronto, come ripete, ma anche una gran voglia di tornare appena può in Umbria, nella sua Spoleto: “Questa è la mia città – dice con orgoglio – ed è qui che voglio tornare”. Non a caso, pur girando il mondo per lavoro, il caporale maggiore scelto è sempre rimasto cittadino spoletino.



Il 25 luglio di tre anni fa nello scenario infernale di Khame Moullawi, Valle del Morghab, ha visto morire un commilitone, mentre un altro, ferito, è stato tratto in salvo. E Francesco, insieme ad altri tre soldati, ha sfidato i cecchini, rischiando la vita per tirar via da quella polvere i due militari del contingente italiano. Simone ce l’ha fatta, David no. E Barzacca, unico umbro in quell’impresa riconosciuta con la prestigiosa onorificenza, ricorda quei momenti con la freddezza del soldato: “Ho solo fatto il mio dovere – dice - lo rifarei sempre. Ricordo tutto di quel giorno, è stata un’esperienza forte ma non mi ha cambiato. Questo è il nostro lavoro, siamo consapevoli di tutto e la vera forza è mantenere sempre la lucidità”.

Quando parla della sua vita da militare del 183° Reggimento Paracadutisti Nembo di Pistoia (un reparto dell’esercito inquadrato nella Brigata Folgore), il soldato Barzacca è impenetrabile. Ma basta pronunciare una formula magica per vederlo sciogliere come neve al sole: “Ho un legame fortissimo con la mia famiglia – racconta – e con mia sorella Maria Chiara, la piccolina di casa, ho un rapporto speciale, quasi morboso. La mia è stata una scelta di vita che loro hanno subito ma per la quale non mi hanno mai fatto pressioni. Li adoro anche per questo, anche se sono consapevole che quando vado fuori soffrono la mia assenza”.

Barzacca si è arruolato 10 anni fa e il momento più esaltante della sua carriera è stato l’ottenimento del brevetto da paracadutista: “È stato allora – racconta - che mi sono sentito veramente parte di qualcosa, qualcosa di molto importante. Ho scelto di fare il paracadutista perché durante il periodo in fanteria ho conosciuto una persona che faceva parte di quel reparto: lo stile di vita, lo spirito con cui si affrontano le difficoltà e la grande capacità di condivisione mi hanno stregato”. E il 183° Nembo è diventato per lui una sorta di tatuaggio nell’anima.

Il momento più triste con la divisa? Barzacca torna serio: “Il 25 luglio 2011, quando eravamo in attesa dell’elicottero che ci riportava alla base e ci è arrivata la notizia che David non ce l’aveva fatta. Era uno di noi”.

Quattro missioni all’estero, di cui una in Kosovo e tre in Afghanistan, dove è tornato anche dopo il 2011. “Sono sempre pronto a partire - dice - questa è la vita che ho scelto e di cui vado fiero".



LE MOTIVAZIONI DELL'ONORIFICENZA

Con il decreto del Presidente delle Repubblica n. 304 in data 25 febbraio 2013, al Primo Caporal Maggiore Francesco Barzacca, nato il 18 febbraio 1984 a Spoleto (PG), è stata concessa una medaglia d'argento al valore dell'Esercito con la seguente motivazione: «Paracadutista impegnato nell'ambito della missione "ISAF XVI" in Afghanistan, esponeva la propria vita a manifesto rischio trasportando un commilitone gravemente ferito attraverso un'ampia area priva di copertura e sotto intenso fuoco avversario. Successivamente, rientrato nel proprio dispositivo, manteneva il settore per oltre due ore malgrado un violento attacco portato con armi automatiche e razzi, incitando i commilitoni fino alla conclusione favorevole del combattimento. Splendida figura di militare che, con il suo comportamento, ha confermato il valore del soldato italiano in un difficile contesto operativo, contribuendo significativamente al successo dell'operazione». Khame Moullawi, Valle del Morghab (Afghanistan), 25 luglio 2011.
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