Terni, premiato Renato Chiaranti: la toga sulle spalle da cinquant'anni

Terni, premiato Renato Chiaranti: la toga sulle spalle da cinquant'anni
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Lunedì 25 Dicembre 2023, 20:08 - Ultimo aggiornamento: 20:09

Il padre avvocato. Il fratello avvocato. I figli avvocati. Un destino a cui non sfuggi e lui avvocato lo è da cinquanta anni. Renato Chiaranti, alla faccia dei suoi "tot anta", è ancora con la toga sulle spalle in prima fila nelle aule di giustizia. Venerdì, nei locali della fondazione forense, gli è stato attribuito il giusto riconoscimento, con la consegna di una medaglia d'oro, alla presenza di numerosi colleghi. Trentanove anni membro del consiglio dell'ordine, di cui quattordici da segretario e venticinque da presidente. Nessuno come lui.

«Ho rotto abbastanza, mi pare», commenta il festeggiato con lo stesso piglio con cui ha guidato per tanti anni gli avvocati ternani, da ultimo come commissario straordinario pochi mesi fa. Nessuna emozione, nessun tentennamento, burbero e guascone: «Sono contento, perché dovrei emozionarmi?». Ride sornione, mentre guarda Arnaldo Giocondi, Sandro Tomassini e Andrea Colacci, che invece cedono all'emozione nel salutarlo.

Diretto, pratico, a volte ruvido, ma senza peli sulla lingua. Memorabili le sue sfuriati con i suoi consiglieri e con la storica segretaria Patrizia Polletta che, per ironia del destino, va in pensione tra pochi gironi dopo quasi cinquanta anni di onorato servizio. Se sbaglia sa tornare sui suoi passi.

 

Prima di dimettersi quale presidente è riuscito a realizzare il suo sogno: la "casa degli avvocati", dove è stato festeggiato anche dai colleghi arrivati da Perugia e Spoleto: Carlo Orlano, presidente dell'Ordine di Perugia, Paolo Feliziani, consigliere nazione forense in rappresentanza dell'avvocatura umbra, con il fido scudiero Edoardo Torlini, da Spoleto. Laureatosi a Perugia in pieno Sessantotto, la contestazione giovanile non lo ha toccato più di tanto. Una tesi in diritto commerciale sul diritto del marchio. «Ma che schifezza è?», commenta all'epoca il padre Roberto, perplesso su questa scelta del figlio. Parte subito militare, da soldato semplice, fanteria e finisce in fureria appena viene scoperto che è un laureato in giurisprudenza. Fa anche il professore di francese alle medie e all'istituto tecnico di Orvieto. Viaggiatore instancabile, non sa più dove andare: «Ho visto quasi tutto», dichiara ridendo mentre, tra i codici, sulla sua scrivania, spuntano riviste di meravigliosi paesi esotici, ma lui alla fine torna sempre negli Stati Uniti: «Adoro l'America perché è il paese della libertà». Non vuole ricordare i momenti brutti legati alla professione, anche se ad un nome si blocca: Giovanni Stangherlin. L'amico, il suo braccio destro in consiglio. Un pezzo di vita importante andato via troppo presto. A quel punto, i ricordi si aprono anche su Francesca Trotti e Massimo Proietti portati via dal covid. Fabio Farnesi e Francesca Olivieri troppo giovani per finire di vivere. Serenella Caffarelli. Basta. Cambia registro. Siamo sotto Natale e ricorda di quando una signora gli portò due trote gigantesche come cadeaux: «Non sapevo dove metterle!». La professione in questi anni è cambiata tanto, per lui in meglio, anche se la tecnologia non è il suo forte, ma ci pensa Antonella (ndr la sua paziente segretaria). Rimpiange, però, come erano i rapporti tra colleghi: «Ci si incontrava in tribunale per le udienze e poi si andava a prendere un caffè. I rapporti erano più goliardici. Ci facevamo scherzi da caserma. Non posso raccontare quello che combinavano Peppino Sbaraglini, Gino Natali e Carlo De Giorgis! Poi c'erano poche donne. Tre, quando ho iniziato io: la Ciarini, la Paparoni e la Guerci, ora sono addirittura in numero superiore agli uomini. Le donne sono più costanti, orgogliose, serie, più preparate, più affidabili. Il futuro è nelle loro mani». Quale è il futuro dell'avvocatura? «Per tanti anni è stata un parcheggio, ora ha perso un po' di appeal, ma come mi diceva mio padre: E' sempre la professione più bella del mondo e io non ci penso proprio a smettere!» Un rimpianto, però, gli è rimasto:quello di non aver preso il brevetto da pilota. Avvocato Chiaranti, non è mai troppo tardi, come diceva il maestro Manzi.
Giuliana Scorsoni
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