ORVIETO - L’arresto della 56enne che portava l’hascisc al figlio detenuto nel carcere di Orvieto è solo la punta dell’iceberg.
La polizia penitenziaria da anni combatte per contrastare l’ingresso di sostanze stupefacenti nelle due carceri della provincia ternana ma l’allarme riguarda l’intero paese.
A Terni la droga è arrivata pure col drone, che ha atterrato sul tetto dell’alta sicurezza e non è entrata in carcere solo grazie alla penitenziaria.
Donato Capece, segretario generale del Sappe, sollecita i vertici regionali e nazionali dell’amministrazione penitenziaria affinché vengano date risposte concrete alla risoluzione delle problematiche in atto nel penitenziario di Orvieto e nelle altre carceri umbre, anche dotando le donne e gli uomini della polizia penitenziaria, da sempre in prima linea sul fronte dell’ingresso di droga in carcere, di adeguati strumenti tecnologici di controllo.
«Un detenuto su tre ha problemi di droga - dice Capece - e le persone tossicodipendenti o alcoldipendenti all’interno delle carceri sono presenti per aver commesso vari tipi di reati e non per la condizione di tossicodipendenza.
Il segretario del Sappe sottolinea esempi virtuosi come quello di Rimini, dove da tanti anni esiste un piccolo reparto, con 16 posti, dedicato a persone con dipendenze che seguono un percorso di recupero e poi lavorano all’esterno.
Per Capece «questa è la strada da seguire per togliere dal carcere i tossicodipendenti e limitare sempre di più l’ingresso di sostanze stupefacenti oltre le sbarre».