Coronavirus, in Umbria non cambia la mortalità standard

Coronavirus, in Umbria non cambia la mortalità standard
di Fabio Nucci
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Venerdì 17 Aprile 2020, 07:48
PERUGIA  Lo abbiamo scritto ieri, parlando di “virus subdolo” e la conferma è arrivata dai numeri di oggi con la lieve risalita giornaliera dei contagi, da +1 a +7 e totale salito a 1.329, seppur a fronte di 1.228 tamponi effettuati in un giorno: terza quantità maggiore di sempre. C’è stata anche una recrudescenza nei decessi, con due morti segnalati ieri all’ospedale di Perugia che porta a 56 il totale. Continuano a scendere, intanto i ricoveri, compresi quelli in rianimazione.
Nonostante i due decessi registrati ieri, il secondo un uomo di 73 anni residente a Corciano morto nella rianimazione perugina, il tasso di mortalità umbro (4%) resta il più basso d’Italia. Dal primo aprile c’è stato l’incremento più contenuto nel Paese, essendo passati da 37 a 56 morti con un +51%, mentre in Italia nello stesso periodo la mortalità è salita del 69%. Indicatore avanzato più velocemente anche in Basilicata e Molise dove i decessi sono aumentati, rispettivamente, del 144 e del 60%. «In Umbria questa emergenza mondiale non sta cambiando la mortalità standard, non cambia l’epidemiologia della regione», si osserva dalla Protezione civile dell’ Umbria. «È possibile che 56 morti li avremmo potuti avere per altre patologie». Anche dalla direzione Umbria salute, aspettando che il dato si consolidi, c’è la convinzione che questo tasso di mortalità legato al virus non stia facendo cambiare i numeri dei morti standard per altre patologie, influenzale o di altri tipi. «Tra qualche anno, analizzando i dati della mortalità del covid-19, c’è la possibilità che non vedremo neanche l’incidenza, rispetto ad altre regioni dove invece il picco si vedrà, con una quantità di deceduti eccezionale». Basti pensare alla Lombardia dove si registrano 18 decessi ogni 100 casi positivi, 14 in Liguria e nelle Marche, 13 in Emilia Romagna e Valle d’Aosta. Una situazione che spinge a usare la massima cautela, quindi, nella fase due della riapertura. «Più conteniamo il virus ora meglio è – si aggiunge dalla ProCiv regionale – ma è chiaro che regioni come la nostra possono ripartire prima, rispetto a contesti territoriali dove la situazione non è ancora sotto controllo». A partire dalla Lombardia, considerando il numero delle vittime e dei nuovi positivi.
Per questo lo screening prosegue a tutto campo e tra martedì e mercoledì sono stati eseguiti altri 1.228 tamponi, con un tasso di positività dello 0,6%. Una scansione che ha coinvolto in primis l’azienda ospedaliera di Perugia dove fino a ieri sono stati eseguiti 14.637 tamponi, 1.299 dei quali (8,9%) risultati positivi per un totale di 9.653 cittadini “testati” tra i quali sono risultati infetti in 1.012 (10,5%). Lo screening ha interessato anche i dipendenti ospedalieri, con 1.068 tamponi che hanno interessato 814 dipendenti del Santa Maria della Misericordia, 31 dei quali risultati positivi. Quanto ai test sierologici rapidi, sono 1.237 quelli effettuati, 348 dei quali risultati positivi (28%): indagati in tutto altri 1.117 cittadini, 301 dei quali (27%) positivi.
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