Condannati tre agenti della polizia stradale di Todi

Il presidente Piero Carlo Floreani
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Mercoledì 8 Marzo 2023, 10:31
Condannati dalla Corte dei Conti dell’Umbria tre ex agenti della Polizia stradale di Todi che dovranno risarcire il Ministero dell’Interno per un totale di 4.475 euro (1.382,44 euro ognuno). Emiliano Parrucci, Vanni Ricci e Gianluca Rosati - si legge nella sentenza - hanno tenuto un comportamento «palesemente infedele» rispetto «ai loro obblighi di ufficio», nonché uno «sviamento della loro condotta a finalità egoistiche perseguite a discapito delle finalità di servizio, con evidente compromissione dell’efficienza, dell’efficacia e dell’economicità dell’azione amministrativa». La vicenda risale alla fine del 2013 quando i tre - stando alla ricostruzione - nel corso di turni 19-01 oppure 01-07 iniziavano il pattugliamento con ritardo o rientravano in caserma con largo anticipo, omettendo di comunicare il tutto alla centrale operativa, alla quale invece dicevano di trovarsi lungo una delle strade da pattugliare. Fatti, per la Corte, ampiamente dimostrati da deposizioni e dati del sistema di allarme e del sistema gps. «Risulta comprovato il dolo dei medesimi - si legge - che hanno ostentato, con consapevole volontà di non ottemperare ai loro obblighi di servizio, un comportamento contrario ai loro doveri, occultato mediante false comunicazioni alla centrale operativa cui tacevano il rientro in caserma e, peraltro, reiterato nel tempo, nonché connotato da grave negligenza». Una notte di dicembre l’allora dirigente della Polizia Stradale «insospettito dai contraddittori esiti della verifica effettuata in relazione all’omesso intervento del 28 novembre, percorreva il tratto della superstrada E45 da Todi a Deruta, senza mai incrociare la pattuglia»: «Avendo sentito via radio che la pattuglia alle 3 comunicava alla centrale operativa di trovarsi in località Pantalla, vi si portava immediatamente, riscontrandone invece
l'assenza. A questo punto decideva di avvicinarsi in prossimità della caserma e riconosceva l'autovettura (che avrebbe dovuto trovarsi in servizio sulla superstrada) parcheggiata invece in modo non facilmente visibile dietro la colonna di una pompa di benzina. Dopo aver stazionato lì per circa trenta minuti senza vedere avvicinarsi nessuno all’auto chiamava per ben due volte telefonicamente i due componenti della pattuglia di turno (Parrucci e Ricci), i quali non rispondevano. A quel punto il dirigente decideva di entrare in caserma e vedeva uscire dal portone insonnoliti e senza cinturone di servizio sia Parrucci sia Ricci, che si avvicinavano rapidamente all'autovettura mettendola in moto e gli riferivano di essere appena rientrati solamente per espletare un'esigenza di natura fisiologica». Secondo i giudici contabili (presidente Piero Carlo Floreani) «è privo di consistenza anche l’assunto difensivo degli incolpati secondo cui il rientro notturno in caserma sarebbe stato giustificato dalla necessità di adempiere al dovere di compilare i processi verbali delle multe, considerato che pur data per verosimile la sussistenza di una prassi in tal senso non risulta dimostrato in concreto espletamento di siffatte attività negli specifici giorni del periodo in questione». Il processo contabile è nato sulla scorta di quello penale. I tre, inizialmente sospesi per due mesi, non lavorano più a Todi ma prestano servizio altrove. Gli agenti, rinviati a giudizio nel 2015 per truffa ai danni dello stato, falsità, abbandono del posto o del servizio e altri reati, sono stati condannati con pene da un anno e due mesi a un anno e sette mesi; in appello però sono stati assolti per alcuni reati mentre per altri è arrivata la prescrizione. 
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