PERUGIA - «Un chilo» e un «metro quadro di nomi» di segnalati. Passaggi di buste e «ingerenze di terzi». A cinquantanove mesi precisi dagli arresti e dopo tre anni di istruttoria per l'inchiesta che ha terremotato la sanità e la politica in Umbria, ecco che la procura di Perugia mette in fila le accuse per gli imputati del caso Concorsopoli, ricostruendo in una lunghissima requisitoria le indagini svolte dal 2018 sulla presunta «rete di sistema» che avrebbe pilotato procedure e concorsi in sanità. In cinque ore fitte nell'aula degli Affreschi, davanti al collegio presieduto da Marco Verola, i pm Paolo Abbritti e Mario Formisano hanno iniziato ad affrontare i temi e le contestazioni sulle procedure su categorie protette, finite al centro dell'inchiesta. Ma già con alcuni distinguo, anticipando quelle che saranno le richieste di assoluzione per alcuni capi di imputazione.
Come noto, il processo riguarda 32 persone, accusate a vario titolo di falsi, abusi e rivelazioni di segreto d'ufficio, con otto imputati chiamati a rispondere anche di associazione per delinquere, l'accusa più grave, dalla cui conferma o meno dipende gran parte della sentenza attesa entro la primavera. Tra di loro, gli ex vertici dell'ospedale di Perugia, l'allora dg Emilio Duca e il direttore amministrativo Maurizio Valorosi, ma anche la ex presidente della Regione Catiuscia Marini, l'ex sottosegretario Gianpiero Bocci e l'ex assessore alla Sanità Luca Barberini. E proprio nei suoi riguardi, ieri è arrivata la prima differenziazione della richiesta di condanna.
A proposito, infatti, delle procedure per le categorie protette, il pm Abbritti ha sottolineato come, anche se alla fine delle prove il «dg poteva anche scegliere un soggetto diverso», ciò non escludeva che «durante la procedura dovevano essere garantiti tutti i principi» di correttezza. Invece, secondo la posizione della procura, proprio nel caso delle categorie protette «si è manifestata in maniera più chiara l'ingerenza di terzi per la segnalazione» di candidati da favorire.