La strage di Bologna e Bellini nel covo di Foligno. L'avvocato Menicacci: «L'ho visto una sola volta e affidato a un assistente di studio»

Paolo Bellini quinto uomo della strage di Bologna
di Luca Benedetti Giovanni Camirri
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Sabato 9 Aprile 2022, 10:24 - Ultimo aggiornamento: 10:30

PERUGIA  Alle otto e mezza di sera la telefonata fila via veloce. «Mando una memoria». Parla Stefano Menicacci, ex deputato dell’Msi, avvocato, racconta la sua verità sulla strage di Bologna. E soprattutto la sua verità su Paolo Bellini, il quinto uomo condannato all’ergastolo mercoledì che si rifugiò a Foligno per quattro anni (dal ‘77 all’81) spacciandosi per il brasiliano Roberto Da Silva.

La memoria dell’avvocato, 91 anni a ottobre, la cui deposizione è stata rimessa alla Procura dalla Corte d’assise con il sospetto della falsa testimonianza, racconta, spiega, puntualizza. E attacca. Con un balzo della memoria di 45 anni. Non prima di una stoccata alla Corte d’assise: «Con il pieno rispetto della Magistratura, dichiaro che si tratta di una iniziativa ridicola, la quale nasce dal preconcetto».
Eppoi la ricostruzione dei passaggi folignati e l’incontro con Roberto da Silva, cioè Paolo Bellini. Ecco un ampio stralcio della memoria inviata al Messaggero da Menicacci: «Nel luglio 1977, quando ero stato rieletto per la terza volta alla Camera dei Deputati, l’ex senatore del Movimento sociale italiano, Franco Mariani, che conoscevo quale avocato di fiducia dell’on.Giorgio Almirante, mi chiese una cortesia: quella di presentare a qualcuno di Foligno, mia città di residenza, un giovane di 24 anni di origine brasiliana, tale Roberto Da Silva, che gli sarebbe stato raccomandato da un suo collega, con interessi in Brasile, il quale doveva risiedere a Foligno, avendo deciso di conseguire il brevetto di pilota presso il locale aeroclub. Incontrandomi con il Da Silva, mi limitai a presentarlo a uno dei cinque procuratori che facevano capo al mio studio legale. Un solo incontro, un saluto e un augurio di buona permanenza. Dopo questo unico incontro io non ho l’ho visto, né mai avuto a che fare con quel giovane. Nessun mio interessamento ci fu, sia presso l’aeroclub e sia per qualsiasi altra ragione. Il suo comportamento a Foligno, per come poi ho accertato nel 1982 dopo il suo arresto, fu irreprensibile, al punto che il sindaco gli concesse e gli rinnovò la residenza, la Camera di commercio di Perugia lo iscrisse nell’elenco dei rappresentanti di gioielli, il Prefetto di Perugia a sua volta gli concesse il porto di fucile su parere estremamente favorevole del locale commissario. Conseguì anche la patente di guida e ottenne il duplice brevetto di pilota nel 1978, per poi ritornare in Brasile finché non venne arrestato nel 1982, allorché si scoprì la sua vera identità, quella di Paolo Bellini. Egli in effetti aveva conseguito nel 1976 il nome falso di Roberto Da Silva in Brasile, ove si era reso latitante per aver sparato cinque colpi di pistola al compagno della propria sorella».
Fino a qui la verità di Menicacci su Da Silva-Bellini. Una verità che, evidentemente, lo scorso 6 ottobre, non ha convinto la Corte d’assise di Bologna che ha compiuto il passo dell’invio degli atti al Pm.
Menicacci va oltre. Ricorda l’attività criminale di Bellini e il fatto che, per un omicidio di cui si era macchiato, tirò in ballo il contesto di Avanguardia Nazionale.
L’avvocato spiega: «Avanguardia Nazionale non è mai stato ma movimento eversivo, nel senso che i suoi membri non hanno mai commesso atti di violenza e ricorso alle armi. Lo prova il fatto che io, quale difensore di Stefano Delle Chiaie, capo storico di Avanguardia Nazionale, in 11 processi ho ottenuto 11 assoluzioni. Movimento quindi né golpista, né dedito a delitti mirati e né stragista per come invece si sono qualificati altri movimenti extra parlamentari».
«La mia prestazione professionale-commenta ancora l’ex parlamentare-è avvenuta, senza che mai io aderissi o condividessi il suo progetto politico, essendo stato per di più uno dei promotori della fondazione di Democrazia Nazionale, nata da una scissione di vertice del Movimento Sociale Italiano del dicembre 1976, per una inequivoca scelta di democrazia.

Non pare vero a molti mestatori, che io in udienza abbia qualificato “infami”, nell’aver dichiarato che il Bellini ha speso soldi in Foligno “in compagnia dell’on. Menicacci”. Evidentemente mi si confonde con colui al quale lo avevo segnalato, che peraltro è persona al di sopra di ogni sospetto. Questo-chiude la memoria di Menicacci speigando il preconcetto- è lo sporco disegno di compromettermi solo perché ho assistito il Delle Chiaie, pur fatto oggetto di una scandalosa criminalizzazione, onorato che abbia scelto la mia toga per chiedere rispetto e giustizia». Ma su Bellini-Da Silva a Foligno restano tanti misteri.

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