Le vittorie azzurre nel mito:
2007 a Murrayfield, 3 mete in 6 minuti

Marco Bortolami
di Paolo Ricci Bitti
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Lunedì 27 Gennaio 2014, 00:30 - Ultimo aggiornamento: 3 Febbraio, 18:00
ROMA Che disdetta, che pasticcio, chiss come sarebbe stato possibile uscirne vivi (nella dignit, eh). In verit non ne avevo la pi pallida idea e cos i miei compagni di squadra, con i quali scambiavo sguardi disorientati, se non proprio di paura, confessa l'allora capitano Marco Bortolami. Dunque, 24 febbraio 2007, Murrayfield al solito al completo di kilt e cornamuse, terzo turno del Sei Nazioni in cui gli azzurri hanno debuttato con una batosta al Flaminio con la Francia (3-39) e con un ko, questo almeno onorevole, a Twickenham (20-7). Beh: al sesto minuto, al 360° secondo, l'Italia stradomina 0-21, tre mete a zero stampate in faccia agli scozzesi uccellati da altrettanti sontuosi intercetti di BergaMauro, Scanavacca e Robertson. Dall'Italia cominciarono ad arrivare in tribuna stampa telefonate tipo quelle su Inghilterra-Italia a Wembley durante la visione obbligata per Fantozzi e colleghi del film la Corazzata Kotiomkin-Potemkin: «Ma è vero che stiamo vincendo 0-14 al quarto minuto?». «No, stiamo vincendo 0-21 al sesto!». «No, dai, non mi prendere in giro».

IL PONTE

«La verità - continua Marco Bortolami, padovano, 32 anni, 99 caps, 38 volte capitano, sposato con Giada e papà di Emma - è che non solo l'Italia non aveva mai vinto una partita in trasferta nel Torneo, ma che non si era mai trovata a dover gestire un tale vantaggio con 74 minuti, una vita intera, ancora da giocare. Sapevamo tutti che se avessimo perso quel match non ci sarebbe restato che gettarsi dal Queensferry Bridge». Ma quanto valeva quell'ancora eventuale trionfo in trasferta nella storia degli azzurri? Tutto il piatto, si può dire serenamente. L'Italia aveva vinto un match nel 2000 (Scozia), nessuno nel 2001 e 2002 (cucchiaio di legno), uno nel 2003 (Galles) e nel 2004 (Scozia), nessuno nel 2005 (altra legnata). Nel 2006 cucchiaio evitato grazie al pareggio a Cardiff, primo risultato utile lontano da Roma. Quindi solo tre vittorie interne e un pari in sette edizioni del Torneo. «Chiaro che con questo passo - ricorda ancora la seconda linea che già a 21 anni (record per l'Italia) venne scelto dal ct Kirwan per sfidare gli All Blacks di Lomu nel 2002 ad Hamilton - non potevamo sperare di allargare il consenso. E adesso avevamo in pugno la partita che poteva segnare la svolta del movimento azzurro. Abbiamo deciso di andare avanti puntando sui fondamentali: mischia, possesso e difesa. E gli scozzesi hanno continuato a cadere nelle nostre trappole sperando che prima o poi crollassimo. Se penso a tutti quei punti che hanno gettato ai cardi per non far trasformare i penalty che Paterson avrebbe infilato a occhi chiusi. E dopo 76 minuti noi eravamo saliti a 37 con gli avversari bloccati a 17. Un'euforia come quella vissuta a Murrayfield quel giorno è, credetemi, indimenticabile, inarrivabile. Di più forte c'è solo il primo sguardo alla donna che diventerà tua moglie, la prima volta che prendi in braccio tua figlia. Una tonnellata di entusiasmo e di fiducia grazie a un successo basato sul lavoro, anche mentale, del ct Pierre Berbizier». Tanto è vero che il turno successivo avete battuto il Galles 23-20 al Flaminio. «Già, dopo la prima vittoria in trasferta - riprende il giocatore ora alle Zebre dopo aver guidato il Gloucester nella Premiership - ecco anche la prima doppietta nel Torneo. Di più, per quanto remota e legata all'incrocio di vari risultati, arrivammo all'ultima giornata con la possibilità aritmetica di vincere il Sei Nazioni. Ci pensate? Figuriamoci che mio padre, giocatore del Petrarca, e tutta la sua generazione non potevano nemmeno sognare di vedere l'Italia nel Torneo più antico e prestigioso del mondo». Una vittoria diversa da quella di Edimburgo.

MOTIVAZIONI

«Sì, quel successo al Flaminio impazzito di gioia fu costruito meta dopo meta, con determinazione e cinismo. E peggio per i gallesi se non si spiegarono bene con l'arbitro per quell'ultima famosa touche. Quel giorno, con quella doppietta, marcammo definitivamente il territorio: non eravamo più gli ultimi arrivati da prendere sottogamba nel Torneo più affascinante del mondo, quello che dà le motivazioni più forti che, ne sono convinto, avremo anche tra da due settimane».

(2-continua)
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