Schermidori Usa, tutti contro uno: protesta in mascherina rosa verso il collega accusato di molestie

Schermidori Usa, tutti contro uno: protesta in mascherina rosa verso il collega accusato di molestie
di Andrea Sorrentino
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Domenica 1 Agosto 2021, 07:30

Sono queste le memorabili Olimpiadi del neo espressionismo, in cui gli atleti ogni giorno vogliono farci sapere qualcosa di clamoroso, di sublime, di accusatorio, di intimo, di inconfessabile o vattelappesca. E col massimo dei sentimenti, dell’enfasi e del simbolismo, affinché le cose si conoscano bene, nel mondo. Così ecco arrivare le mascherine rosa. Tre mascherine rosa, per l’esattezza. Le indossano Jake Hoyle, Curtis McDowald e Yeisser Ramirez, titolari della squadra di spada Usa, poco prima di affrontare il Giappone. Al loro fianco, primo da sinistra per i fotografi, c’è uno che sarebbe il loro compagno di squadra ma in realtà è il reietto, l’isolato, l’appestato, quello che dall’inizio dei Giochi porta sul corpetto una lettera scarlatta serigrafata in punta di spada, ma non vuole saperne di stare lontano da qui, infatti si è presentato, con una certa improntitudine. E’ Alen Hadzic, quarto componente della squadra, riserva, lui la mascherina ce l’ha nera. Del resto le bardature rosa dei compagni, che da settimane non si sognano di avere a che fare con lui, sono dedicate proprio a Hadzic e alla sua storiaccia, e nel frattempo simboleggiano il loro sostegno alle donne molestate nel mondo. 
ISOLATO 
Perché Hadzic, 29 anni, è qui da indesiderato e insalutato ospite. Accusato di molestie nei confronti di tre donne dal 2013 al 2015, peraltro già sospeso per un anno nel 2013 dalla Columbia University per fatti analoghi, era stato escluso dalle Olimpiadi. Ma è ricorso contro la decisione e un giudice gli ha dato ragione, perché l’inchiesta sulle molestie è in corso. A quel punto c’è stata la levata di spade di compagni e compagne, c’è stata una lettera delle schermitrici al Cio in cui denunciavano disagio e senso di pericolo, eppure Hadzic è partito lo stesso per Tokyo, accettando le condizioni capestro: viaggiare da solo e non alloggiare al Villaggio Olimpico ma in un hotel a parte, in isolamento. Lui nei giorni scorsi ha sostenuto di aver ricevuto il saluto «da tanti atleti, uomini e donne» che ha incontrato agli allenamenti. Ma di sicuro i suoi compagni di squadra hanno manifestato il loro pensiero chiaramente, con le mascherine rosa, e lui lì di fianco, più inopportuno che mai, a beccarsi pure quello sberleffo. Ma chi gliel’avrà fatto fare? Dubbi cosmici. Poi Hadzic non ha tirato in nessun assalto, la squadra Usa ha perso col Giappone, quindi tutti a casa, e in aerei diversi si suppone. Ma il gesto rimane. 
SUL PALCO
Uno dei tanti in queste Olimpiadi che hanno sublimato l’esplosione dei sentimenti e delle rivendicazioni, comprese quelle delle atlete che non ne possono più di indossare costumi succinti per compiacere telecamere e spettatori sbavanti, perché il palcoscenico è enorme, è il più grande avvenimento planetario, e si cerca di approfittarne per provare a rendere il mondo un po’ più umano, più rosa, più arcobaleno.

Oppure, ed è l’altra chiave di lettura, il grande sport si sta mettendo a nudo, sta svelando parti di sé che intuivamo e conoscevamo, ma che raccontate dagli atleti fanno un altro effetto. Il lato oscuro dello sport è anche un mondo di violenze psicologiche e fisiche, di prevaricazioni, di molestie, di soprusi spesso non denunciati o non condannati, perché la nave deve andare. Ma gli atleti, a giudicare da questi Giochi, hanno deciso di urlarlo. Anche se facce di bronzo come Hadzic continueranno a far finta di niente.

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