Addio alla scherma, paura Montano: «E ora che faccio?»

Addio alla scherma, paura Montano: «E ora che faccio?»
di Andrea Sorrentino
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Venerdì 30 Luglio 2021, 07:30

Di colpo Aldo realizza, ed è attraversato da umanissimo brivido. Una volta si chiamava horror vacui: «Ora ho paura». Piange. Come Francesco, quel giorno all’Olimpico. Paura, sì. Per queste luci in sala, che squarciano il buio intorno alla pedana e tagliano i titoli di coda: signori si chiude. Anzi veramente già non c’è più nemmeno la pedana, per Aldo Montano, né l’avversario di fronte, né la sciabola in pugno, e neppure gli allenamenti, i compagni simpatici e quelli no, l’adrenalina della gara e lo strazio dei ritiri, le gioie e le incazzature che sono il ritmo dello sport e che gli sembravano una dolce morbida nuvoletta, niente di niente. Anche se al collo ha una medaglia d’argento, l’ultima. In realtà svanisce ogni cosa, è come svegliarsi da un sogno bello, il suo poi è durato 25 anni. E’ l’alba di una nuova vita. Non è più uno sportivo professionista, e sa che è dura, qua fuori. Che paura. E che sincerità nell’ammetterlo, nell’avvicinarsi a noi. E quante lacrime. 
BISOGNO DEGLI ALTRI
A Casa Italia gli mostrano un video con le sue cinque medaglie olimpiche dal 2004 e Aldo Montano, 42 anni, al ritiro dall’attività, singhiozza. Con uno gnocco in gola che non va giù né su, concede: «Da oggi cambia completamente la vita, è un salto nel buio e nel vuoto che fa un po’ paura. Da 25 anni facevo solo questo. Cosa accadrà da domani non lo so. Tornare a Livorno, da dove sono partito? E’ una delle possibilità. Ho sentito la famiglia, mi aspettano. Sono emozionato». E ancora occhi lucidi, ma tanto queste sono Olimpiadi espressioniste: per fortuna è saltato il concetto di pudore dei sentimenti e ormai tutti deflagrano, ostentano le loro condizioni di ansia o di felicità, persino di disagio esistenziale e psichico, e le raccontano, in un’impudicizia che ce li affratella, perché si sfogano come vorremmo fare noi.

Ieri la ginnasta Simone Biles ha chiarito che soffre di “twisties”, di fatto una perdita di consapevolezza della propria corporeità. Alla faccia della privacy, che ogni tanto i medici del calcio invocano per non divulgare l’entità dell’infortunio muscolare al centravanti, sai che dramma. Aldo Montano ha paura del domani, perché ora gli si para davanti la vita in cui ogni giorno è un salto nel buio, un’incertezza programmata, senza più l’eterna primavera dello sportivo. Per questo, raccontano gli psicologi, se c’è un 20% di atleti che soffre di depressione durante l’attività, la percentuale sale al 50% in prossimità del ritiro. Anche Francesco Totti, con la stessa emozione e dentro uno stadio in amore, il giorno del suo addio disse la stessa cosa: «Ho paura». E aggiunse: «Ora ho bisogno di voi», e l’appello non è mai stato dimenticato, infatti non è passato giorno senza che i romanisti non lo pensino e non lo venerino, o facciano ala e celebrazioni al suo passaggio come è capitato pure di recente in qualche isola, e sarà sempre così. A Totti manca senz’altro la vita da giocatore e la sua Roma, ma intanto ha trovato una dimensione e poi ha tanto amore intorno, forse la paura è passata. Altri, dopo il ritiro, sono rimasti soli e si sono piegati ai loro demoni, come i nuotatori Ian Thorpe e Michael Phelps, che poi hanno confessato tunnel di droghe, alcol, pensieri suicidi. Scendere dalla nuvola, questo è il problema. Si ha paura di essere abbandonati in mare aperto, di non farcela. Infatti aveva ragione Totti, come sempre: si ha bisogno degli altri, per prima cosa. Legge universale.

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