Voci incontrollate e testimoni più o meno improvvisati hanno raccontato, poi, di un nubifragio di acqua e latte e succhi di frutta. È stato, insomma, uno spettacolo imbarazzante – nel complesso inaccettabile. Perché sempre bisogna ricordare che i calciatori sono dei modelli, specie per i bambini, e nel tempo dei social non possono certo concedersi il lusso di scivolare sul ghiaccio di un comportamento negativo. Tra l’altro si tratta proprio dei giocatori che in genere circolano amabilmente per gli stadi (e per le pubblicità in televisione) mostrando fieri la parola «rispetto» sulla maglia. Respect, certo certo...
A scatenare il delirio – e francamente non si fa la benché minima fatica a crederlo – è stato quel diavoletto di Mourinho, già rabbioso e furibondo per aver perso nel niente di un pomeriggio il derby e ogni possibilità di vincere il titolo. Dunque il City festeggiava nello spogliatoio con canti e balli e musica, e Mou ha pensato bene di irrompere nello stanzone per chiedere «più rispetto» e di «abbassare il volume». Gli si è avvicinato per discutere (in portoghese) un certo Ederson, ovvero il portiere del City, un tipetto, solo per capirsi, di 90 chili, alto un metro e 88. Un gigante. Da quell’istante: la rissa. Spinte, spintoni, manate, un diluviare di oggetti. Come detto, Mourinho è stato colpito; Arteta ferito; Lukaku colto da un irrefrenabile istinto ad amministrare giustizia da sé.
Di Guardiola, ecco, poco o nulla si è saputo. Dev’essere rimasto ai margini. Gli steward e gli agenti di polizia hanno domato il focolaio in fretta, ma l’arbitro Oliver ha annotato ogni dettaglio dell’accaduto. Inevitabilmente la Fa ha chiesto una spiegazione ai club, che potranno rispondere fino a domani. Rischiano multe e squalifiche. Ieri, comunque, Arteta ha preferito coprirsi il viso all’uscita dal centro tecnico. Sereno e tranquillo, Ederson invece sfrecciava sulla sua Ferrari 458 rossa. Eppure. Tanto è stato meraviglioso lo spettacolo in campo, domenica, quanto raccapricciante l’epilogo della serata negli spogliatoi. Ed è logico che sia stata persa un’occasione per restituire almeno un poco di dignità al calcio. Peccato.
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