Serie A, Roma e Lazio: c'è qualcosa che non va

Serie A, Roma e Lazio: c'è qualcosa che non va
di Andrea Sorrentino
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Martedì 21 Settembre 2021, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 22 Settembre, 11:28

C’è qualcosa che non va, ma lo si sapeva dall’inizio, e ora l’unica cosa da fare è fidarsi dei comandanti. Sesta e settima lo scorso maggio, con prospettive nebulose, Lazio e Roma potevano andare a sbattere chissà dove. Invece due grandi tecnici, gli unici della A con vittorie internazionali, ci hanno fatto il favore, anzi la grazia, di venire a lavorare qui, per una sfida affascinante e pericolosa, perché non hanno le garanzie e i paracadute di altri club in cui hanno allenato: quindi la gratitudine a Sarri e Mourinho è doverosa. Si sono messi in discussione, ovviamente dopo essere stati ben retribuiti (la qualità costa), e sono scesi nell’arena. Ci avevano anche avvertito di avere due squadre da far crescere mollichella mollichella, con difetti da migliorare col tempo, con rose non soddisfacenti: ma loro stessi ne hanno accettato i rischi, evidentemente hanno valutato che su questo materiale si possa lavorare, altrimenti sarebbero dei pazzi e non lo sono affatto. Il mercato ha sanato alcune lacune, ne ha lasciate immutate altre, e si è affidato a Mou e Mau il compito di creare il resto.


COPERTE CORTE
L’inizio di autunno ha portato le prime sconfitte.

Logiche, in un percorso di crescita. A pochi giorni dal derby, preceduto da un giovedì di campionato assai rischioso, sono partiti i primi processini. Logici anch’essi, sono parte del gioco a ogni latitudine, a parte quelle simpatiche partigianerie che fanno tanto Roma: c’è chi si è stizzito per le valanghe di elogi a Mourinho e ha atteso nel fogliame la prima scivolata per scatenare i “ve l’avevo detto che non si va lontano”, chi di là soffre in modo lancinante la vedovanza di Inzaghi (piazzamento medio in cinque anni: quinto-sesto posto, e una sola volta in Champions) e guarda con diffidenza a Sarri perché gli allenatori da gioco offensivo a certa gente paiono dei brutti ceffi a prescindere. Invece è il momento di compiere un atto di devozione e di sostenere i due allenatori più di prima. Roma e Lazio sono una coperta corta, e i tecnici devono ancora sistemarne la fase difensiva, l’origine dell’equilibrio generale. Ci sono problemi strutturali: a entrambe mancano almeno un regista e un paio di difensori, a Mou in particolare alternative sugli esterni bassi, a Sarri al centro. I già numerosi errori di Gianluca Mancini hanno fiaccato l’ultima Roma (urgerebbe uno Smalling per guidare il reparto), ma anche certe esitazioni sulla catena di destra, poi schierare Zaniolo e Shomurodov esterni è stato un errore da non ripetere: Shomu era fuori ruolo e Zaniolo viene da un anno e mezzo senza partite, ci vorrà parecchio per averlo tonico, e in mezzo Veretout e Cristante possono soffrire avversari rapidi che ti saltano addosso. A Sarri non riesce di ottenere il pressing alto che è la base del suo sistema perché la linea difensiva non sale abbastanza, col tempo migliorerà ma a volte c’è il dubbio che Acerbi non riesca a recepire in fretta e che ci vogliano ricambi freschi; lo stesso Leiva va per i 35 e non può essere il pendolo che serve in mezzo al campo, per giunta se è fiancheggiato da un Luis Alberto che non si adatterà mai al lavoro che gli viene richiesto.


DUE SFIDE POSSIBILI
Sono grossi grattacapi, per i due allenatori. Devono migliorare l’assetto generale pure in presenza di lacune strutturali, che incidono proprio nella carne viva dei loro impianti di gioco. Devono reinventarsi, spremere il sangue dalle rape e regalare molto di sé ai giocatori. Ce la possono fare, sono qui per questo, è il senso della loro sfida. Ci saranno sacrifici illustri, qualcuno perderà il posto, magari Luis Alberto, magari Zaniolo, se non salgono di intensità: non saranno drammi. Chiedono a Sarri di cambiare modulo, che è come imporre a un credente di abiurare la sua religione, ma non è mollando il 4-3-3 che le cose migliorano: piuttosto devono compiere un salto in avanti i giocatori. Stesso discorso per Mourinho: non può inserire un centrocampista di fianco a Veretout-Cristante perché non ritiene all’altezza chi è in panchina, e deve lavorare sull’intensità difensiva, sperare che certi giocatori non vadano più in bambola. Ma l’unica è affidarsi mani e piedi a Mourinho e Sarri, e magari aiutarli sul mercato di gennaio. E se non è quest’anno, come può non esserlo, il prossimo sarà quello del grande salto per lo scudetto. Garantito. 

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