L’UOMO ACCIAIO
Impossibile immaginare una Lazio senza il romeno. Arrivato giovanissimo a gennaio del 2008 dalla Dinamo Bucarest, buttato subito in campo da Delio Rossi a Firenze in Coppa Italia da centrale difensivo accanto a Siviglia. Poi una vita da terzino sinistro, tanti allenatori, 371 presenze a meno cinque da Negro, terzo assoluto dietro a Wilson e Favalli. Ma soprattutto tanti successi: tre coppe Italia e tre Supercoppe. E’ il giocatore più vincente dell’era Lotito. In mezzo tante battaglie, qualche infortunio e l’incidente più brutto, nel 2011, quando a Catania, in un bruttissimo scontro con Schelotto, cadde rovinosamente sulla schiena, fratturandosi la seconda e terza vertebra lombare. Rischiò paralisi e carriera. Si rialzò di nuovo e da lì un crescendo, fino all’avvento di Inzaghi, suo ex compagno di squadra. L’arrivo del tecnico l’ha rigenerato, tanto è vero che ogni anno che passa non fa che ringiovanire. A trentatré anni corre come uno di venti. Per conferme basta andare a chiedere a Lautaro o Dybala, annichiliti in novanta minuti. Senza di lui non si cominciano feste o riunioni nello spogliatoio. Pubblicamente appare taciturno e introverso, in realtà è uno dei primi a fare rumore e organizzare scherzi, ma quando entra in campo e gioca si trasforma in una specie di “supereroe” della difesa. L’ennesima conferma due giorni fa a Genova, dove ha aiutato e supportato Vavro, stimolandolo e incoraggiandolo per l’intera gara. E i risultati sono stati evidenti. Chiuderà la carriera nella Lazio, magari con un nuovo rinnovo di altri due anni. E con il sogno di vincere lo scudetto.
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