Gavilucci, l"uomo nero" dell'Aia: «Troppi rigorini, bisogna alzare la soglia dei falli»

Gavilucci, l"uomo nero" dell'Aia: «Troppi rigorini, bisogna alzare la soglia dei falli»
di Roberto Avantaggiato
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Martedì 9 Novembre 2021, 16:56 - Ultimo aggiornamento: 16:57

È ancora l’uomo nero. Tre anni dopo aver chiuso in modo traumatico la sua esperienza in Italia, Claudio Gavillucci continua ad essere arbitro. Non in Italia, dove la vecchia Aia non l’ha voluto, ma in Inghilterra, dove la divisa del direttore di gara era è resta soprattutto nera. Da qui il titolo al suo libro-denuncia, l’Uomo nero. È dalla terra d’Albione che è rinato, come un’araba fenice, ritrovando la voglia e la passione di arbitrare.
Gavillucci, come va con il calcio inglese?
«Bene, molto bene. Qui c’è la storia del calcio, che si respira in ogni stadio».
Anche lontano dai palcoscenici della Premier?
«Certamente. Le dico che quando arbitro gare di Nation League sugli spalti ci sono una media di quattromila spettatori. E si gioca spesso di martedì sera».
Ripartire dalla base, non dev’essere stato facile.
«È vero, ma l’Inghilterra sotto questo profilo è un paese straordinario...»
Cioè?
«Qui vige la meritocrazia, non le raccomandazioni o la politica».
Quindi, presto la vedremo in Premier?
«Per ora sono arrivato a dirigere le seconde squadre della Premier e spero di poterlo fare anche con le prime squadre. D’altronde, senza limiti d’età per gli arbitri, qui si può arbitrare anche a 50 anni. Basta avere le idonee condizioni fisiche».
Tornerebbe ad arbitrare in Italia?
«Dopo le vicende giudiziarie tra me e l’Aia non credo sia possibile».
Ma non c’è possibilità di fare pace?
«Sono stato contattato, visti i buoni rapporti con il presidente Trentalange, dagli avvocati della Figc per una conciliazione. Non ho chiesto il reintegro ma la possibilità di realizzare un progetto di informazione e formazione per club, allenatori e anche giornalisti».
E come è andata?
«Che la mia proposta ha trovato le resistenza della parte conservatrice dell’Aia ed è stata lasciata cadere».
Dispiaciuto?
«Sì, perché l’associazione oggi sta pagando i danni di anni di miopia e inadeguatezza».
Si riferisce all’attuale crisi arbitrale? 
«Certo. I segnali che si sarebbe arrivati a questa situazione erano noti a tutti. O meglio, quasi a tutti».
Il designatore Rocchi si ritrova una classe arbitrale modesta...
«A Gianluca, che devo ringraziare per non avermi abbandonato nel momento più difficile, quando è diventato designatore ho detto: decidi solo con la tua testa e vedrai che sarai ripagato».
Nel suo progetto c’era una figura di coordinatore tra arbitri e leghe...
«Sì, sul modello inglese, dove c’è una struttura che tiene i rapporti con le leghe e con una figura tecnica arbitrale all’interno di ogni società. Così si istruisce su regole e regolamenti a tutti i livelli, dai professionisti alle giovanile».
Andrebbe educato anche l’utilizzo della Var?
«Certo, perché è vero che è l’arbitro ad utilizzarla ma sono le società che usufruiscono della tecnologia. In Premier, lo scorso campionato dopo cinque giornate in cui sono stati assegnati discutibili rigori con l’uso della Var, c’è stata una riflessione comune e si è invertita la rotta».
Da noi, invece, sembra di stare sulle montagne russe...
«Dopo Inter-Juve avevo pronosticato che si sarebbe arrivato a questo. Roma-Milan e domenica scorsa a Venezia me ne hanno data conferma. La colpa è di un’applicazione non uniforme e di una soglia del fallo troppo bassa».
Il suo prossimo impegno in campo qual è?
«Sabato prossimo andrò a Southport, per la sfida contro il Boston United, e lunedì sarò a Bredford.

Qui le designazioni arrivano per tutto il mese perché chi arbitra alle società non interessa».

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