FARSA E STRESS
Di Francesco ha perso la serenità, si vede dallo sguardo, dalle cose che dice. Le sue sono parole molto dure e dirette nei confronti dei giocatori (e ha perso un bel pezzo di squadra, ormai), dal minaccioso (e doveroso) «farò tante valutazioni», a « non ho avuto risposte che avrei voluto». Traspare come il rapporto con i calciatori, o alcuni di loro, non sia eccezionale. Ora poi, non ci sono nemmeno i veterani, molti di loro fermi ai box, che potrebbero dargli una mano. Ma questi sono tutti problemi del momento, che probabilmente Eusebio non riesce a sistemare. Poi sono evidenti criticità un po’ più strutturali, figlie di scelte tecniche-societarie non adeguate. La politica dei giovani può pure funzionare, ma l’impiego in massa dei ragazzi porta poco lontano. Perché il giovane, per natura, è incostante e caratterialmente meno definito. Noi non sappiamo cosa diventeranno Schick e Kluivert (due esempi) tra qualche anno, magari due fuoriclasse, ma in questo momento danno poco e non ci sono grosse alternative. E la Roma per loro ha strainvestito. Mancano i leader, le guide.
LE OPERAZIONI DI MERCATO
La scelta di Pastore è stata quantomeno azzardata, per i costi, per l’età e per la sua fragilità fisica. Marcano, dopo Moreno, è la dimostrazione che non si riesca a trovare un difensore centrale utile per dare fiato ai titolari. Per non parlare poi di Karsdorp, in quasi due anni 4 presenze. Quattro. Alla squadra manca lo spirito, la personalità, il senso di appartenenza, che Di Francesco aveva da giocatore e che ha provato a ripristinare da allenatore. Lo scorso anno la Roma ha vissuto il sogno Champions. Quella squadra non c’è più e quella di adesso forse si sente di passaggio. Addio senso di appartenenza. Addio sogni. E avanti un altro
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