«Sono felice di come ho giocato, ma posso fare di più». Non una semplice frase di circostanza: quello di Paolo Banchero è un avvertimento all'intera Nba. Il talento statunitense del basket, cittadinanza italiana grazie al padre Mario di origini liguri, ha subito lasciato il segno all'esordio nella notte con gli Orlando Magic nella lega cestistica più competitiva del mondo. 27 punti con 11/18 al tiro, 5/7 ai liberi, 9 rimbalzi, 5 assist e 2 stoppate: numeri da capogiro che lo proiettano di diritto in una élite di esordienti leggendari. La prestazione della prima scelta al Draft di giugno ha ricordato quella di LeBron James che a Sacramento, nell'ormai lontano 2003, si presentò al grande pubblico con i Cleveland Cavaliers mettendo a referto 20 punti, 5 rimbalzi e 5 assist. Banchero è il primo a superare quella soglia nel terzo millenio.
Per apprezzarne ancora di più la grandezza bisogna andare a ritroso nel tempo fino al 1969. Quell'anno fu Kareem Abdul Jabbar a lasciare senza parole appassionati e addetti ai lavori chiudendo il proprio debutto con 29 punti, 12 rimbalzi e 6 assist.
Non sono bastate le grandi giocate di cui si è reso protagonista: dalla schiacciata da urlo sulla testa del malcapitato Joseph ai tiri a segno dalla media distanza (ha chiuso 11 su 18 da due) per arrivare a un valido 5 su 7 ai tiri liberi. «Rappresenterà per molto tempo un problema a chiunque». Dwane Casey, coach dei Pistons, al termine della vittoria (113-109) non ha usato mezze parole per descrivere il 19enne che sul suo futuro ha le idee chiare: «I miei avversari sanno di cosa sono capace e vorranno vedere di che pasta sono fatto. La chiave è farsi trovare pronti e accettare la sfida. Non mi tirerò indietro».