Joshua, una partita a scacchi priva di emozioni per ritrovare il mondiale

Il destro di Joshua a bersaglio
di Stefano Buttafuoco
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Domenica 8 Dicembre 2019, 20:06

Era il combattimento dell’anno, o meglio, la rivincita più attesa da tutti gli appassionati di noble art. Molto più di un combattimento di pugilato, molto più di un titolo mondiale. Era la sfida tra due modi di concepire e intendere uno degli sport più antichi del mondo, di certo uno dei più istintivi, più emozionante e più ricco di suggestione. Da una parte la perfezione corporea e stilistica dell’inglese Antony Joshua, già campione olimpionico e già campione campione mondiale dei pesi massimi dal 2017 al 2019. Dall’altra l’istintività e l’imperfezione fisica del messicano Andy Ruiz, venticinque chili in più del suo avversario (128 kg contro i 107 del britannico di origini nigeriane per 1.88 di altezza) il campione in carica capace sei mesi fa, sul ring del Madison Square Garden di New York, di sorprendere il mondo mettendo ko tecnico il suo rivale, astro nascente del pugilato mondiale che per la prima volta era andato a combattere fuori dal suo paese.

Una rivincita che prometteva scintille sull'inedito ring della Diriyha Arena in Arabia Saudita, sede oculatamente scelta per fare di questo incontro un faraonico evento mediatico più di un semplice match di pugilato. In palio - oltre a due borse faraoniche (71 min di euro per Joshua e 11 per Ruiz) - le cinture Wbc, Wbo, Ibf e Ibo dei pesi massimi, in una parola, il mondo. A vincere, tornando sul trono mondiale, è stato l’inglese che è riuscito a imporre la sua maggiore tecnica supportata da una forma fisica eccezionale che gli ha consentito di “danzare” sul ring per tutte e dodici le riprese vanificando gli attacchi - spesso confusi - del campione in carica.

Ruiz è apparso fuori forma, meno affamato rispetto al primo incontro in cui riesci a mettere il cuore oltre la barriera dei suoi evidenti limiti tattici. Ha subito nel primo round una ferita estesa all’arcata sopraccigliare sinistra frutto dell’efficace job sinistro del suo avversario, il colpo con il quale ha costruito la sua vittoria, e non ha mai messo in seria difficoltà Joshua. Ai punti due giudici hanno dato ben 8 punti di vantaggio all’inglese (118 a 110), uno sette (118 a 111), ma la sostanza non cambia.

Il match non è mai stato in discussione e la corona è tornata meritatamente nelle mani del pugile sicuramente più completo. Alcune considerazioni ci sentiamo tuttavia di fare. L’incontro è stato monotono e privo di sussulti. A vincere è stata la strategia dell’inglese dal quale era lecito tuttavia aspettarsi qualcosa in più in termini di spettacolo e di coraggio. E’ vero, contava il risultato, ma c’era anche da vendicare un ko tecnico subito solo pochi mesi prima che aveva ridimensionato e non di poco la sua grandezza e il pugilato - riteniamo - deve la sua magia al fatto di essere qualcosa di più di una ragionata partita a dama.

La differenza tra un ottimo pugile e un mito sta nella capacità di emozionare. Ieri sera Joshua è tornato a vincere, per emozionare c’è tempo, e chissà mai se riuscirà a farlo.

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