Boxe, il sogno americano di Luigi Notini: «Combatto lontano da casa perché non ho paura»

Boxe, il sogno americano di Luigi Notini: «Combatto lontano da casa perché non ho paura»
di Marco Pasqua
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Sabato 27 Agosto 2022, 17:53 - Ultimo aggiornamento: 17:58

Se è vero che il sogno di molti pugili italiani è quello di arrivare a combattere lontano dai ring del Belpaese, magari in America, Luigi Notini ha cercato di bruciare le tappe. Sì, perché il suo debutto nei pro, lo scorso mese di marzo, è avvenuto molto lontano da quella Cerro al Lambro che è la sua casa. Il 21enne, infatti, dopo essersi allenato a Miami Beach, nella 5th Street Gym (dove è cresciuto anche Muhammad Alì), ha fatto il suo esordio a Las Terrenas nella Repubblica Dominicana vincendo per ko tecnico alla seconda ripresa contro Yunior Rafael Lozano, nella categoria dei pesi leggeri (61 kg). Un mese dopo, ad aprile, ha combattuto allo stadio olimpico Pablo Duarte, a Santo Domingo, contro Yordan Esquea Mejia. E tra un poco meno di un mese, il 24 settembre, tornerà a combattere a Sosua, nella Repubblica Domenicana.

Il suo nome d'arte è “Guapp”: «A Miami mi avevano soprannominato Guapo, che in napoletano significa sia bel ragazzo che giovane cattivo.

E così mi sono inventato questa fusione tra l'americano e il napoletano». A Milano lavora in aeroporto, ma il suo sogno, ovviamente, è quello di potersi mantenere grazie al pugilato. «Sono partito per l'America con l'idea di combattere – racconta, a proposito della sua esperienza a Miami - Volevo ampliare i miei orizzonti e cercare nuove opportunità lavorative. Quando pensi ad una città dei sogni, la mente ti riporta a Miami». Notini ha iniziato ad indossare i guantoni all'età di 16 anni. «Anno dopo anno mi sono impegnato e sono anche riuscito a trovare degli sponsor, come la Flooring Italia dei fratelli Messina, che mi sostengono– dice Notini – in un'avventura che richiede anche un impegno economico non indifferente. Ho iniziato la preparazione presso la Opy Gym con il maestro Franco Cherchi e con il mio maestro di Cuba, Danoe». «E' molto difficile conciliare il mio lavoro con lo sport che faccio – ammette – ma penso che quando credi in una cosa, fai di tutto per coltivarla. E quindi cerco sempre di far conciliare tutto e di dare il massimo». Il problema, già sollevato da tanti altri pugili, è che «in Italia ci sono meno opportunità pugilistiche rispetto all'America».

Sui ragazzi, aspiranti pugili, che riempiono Instagram di stories, dice: «Quello che mi differenzia da loro è il carattere. Faccio vedere sia il bello che il brutto del pugilato. è tutto vero. Non lo faccio per diventare famoso, cosa che noto in molti coetanei, i quali preferiscono apparire più che essere bravi. Io aspiro a diventare un esempio cercando di trasmettere la mia passione a più persone possibile». Il suo cuore è rimasto a Napoli: «E' una città che mi manca tantissimo. In un'altra vita cercherei di rimanere lì. Vorrei riportarci i miei genitori, anche se devo tutto a Milano perché mi ha aperto le porte a quello che sono adesso». Tra i pugili dice di ispirarsi, oltre che a campioni come Floyd Mayweather, a Daniele Scardina, Marvin Vettori e Guido Vianello. «Loro hanno osato, hanno guardato fuori dalla porta di casa – racconta - E penso che in fondo sia un po’ il sogno di tutti gli italiani quello di andare in America e fare fortuna».

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