Scala, la "primina" del Don Carlo: giovanissimi sul red carpet tra nero, oro e casual

L'anteprima dell'opera di Verdi è dedicata al variegato e appassionato popolo degli under che scelgono l'eleganza con qualche azzardo tra sneakers e dolcevita

Scala, la "primina" del Don Carlo: giovanissimi sul red carpet tra nero, oro e casual
di Marina Cappa
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Domenica 3 Dicembre 2023, 20:33 - Ultimo aggiornamento: 5 Dicembre, 09:37

Abiti lunghi e dolcevita, papillon e sneakers. Il popolo della “primina” tende al nero, con un po’ d’oro e ombelico a vista, e terzetti di amiche in scollato multicolor. I ragazzi che si assiepano per entrare alla Scala scelgono l’eleganza, in qualche caso preferiscono il casual, in altri «credevo di essere chic, ma guardandomi intorno...», come dice Alessandro in maglione verde. Sono loro il pubblico – variegato e appassionato - che per per primo assiste all’inaugurazione della stagione scaligera, quattro giorni prima dell’evento di Sant’Ambrogio cui dovrebbero partecipare il presidente del Senato Ignazio La Russa, diversi ministri (Salvini e Sangiuliano fra gli altri), oltre a personaggi di varie fame, dalla senatrice Liliana Segre all’immunologo Roberto Burioni, a tanti rappresentanti dello spettacolo, compresa Ornella Vanoni.

Ma, come ogni anno, questa è la serata giovane.

E loro si impegnano per essere all’altezza dell’appuntamento. Li aspettano i quattro atti del Don Carlo di Giuseppe Verdi nella versione italiana del 1884 (quella francese debuttò a Parigi nel 1867), terzo atto di una trilogia del potere avviata nelle ultime stagioni da Macbeth e proseguita con Boris Godunov. Preso posto, quando il maestro Riccardo Chailly attacca L’inno di Mameli, si alzano tutti in piedi, qualcuno nei palchi sembra stia cantando: partecipi, seri, in parte commoventi. Per assistere alla primina, sono arrivati anche da lontano. «Noi veniamo da Madrid apposta per questa serata», dicono in ottimo italiano Juan e Jesus, l’uno traduttore e l’altro ingegnere.

Ludovico, 23 anni, zainetto e maglione a collo alto, arriva invece da Torino: ha studiato attentamente gli orari ferroviari e sa che dopo l’opera – durata: 3 ore e 52 minuti, compresi i due intervalli – farà a tempo a rientrare. Esperto di opera? «Veramente studio Scienze infermieristiche. Però amo Verdi, anche se la mia preferita è Traviata. Ma Don Carlo rispecchia la società del nostro tempo, noi giovani ce ne accorgiamo». «Per fortuna che torna Verdi», commenta Giacomo, studente del Politecnico alla sua terza primina, assieme a Giulia. E da 20enne attento a Don Carlo ma anche a ciò che succede nel mondo, aggiunge che «anche il tema della donna è attuale e qui lo ritroviamo». Lo svolgono, il tema femminile, la tigre e la leonessa, come le ha definite il maestro Chailly: Anna Netrebko nella parte di Elisabetta di Valois, colei che giammai amò Filippo ma amò Carlo, ed Elīna Garanča, Principessa d’Eboli, «primo mezzosoprano lettone a inaugurare una prima della Scala».

Fra le pene d’amore e quelle del potere, dove Filippo II (Michele Pertusi) si scontrerà con il Grande Inquisitore (Ain Anger) il pubblico giovane non ha preferenze: entrambi lo interessano, tanto più – dice Marco, diplomato al Conservatorio e oggi recruiter che suona il piano solo per diletto personale – che «sono tanti gli aspetti che attraversano Don Carlo», tutti interessanti. Anche se, volendo fare una classifica, dopo il primo atto è sul Grande Inquisitore che convergono gli apprezzamenti e sulla messa in scena dello scontro di poteri. Tutti però piacciono: sia il protagonista Francesco Meli sia Luca Salsi Marchese di Posa hanno i loro fan. Così come Michele Pertusi interprete di Filippo II, re che nella realtà storica aveva 33 anni e nella realtà umana è un 58enne: «Sono vecchietto e mi trovo con il personaggio più complicato di tutta la produzione di Verdi per la voce di basso», anticipava alla presentazione.

Molta l’aspettativa anche per la regia di Lluis Pasqual, che ruota intorno a una grande torre d’alabastro che aprendosi e chiudendosi cambia le scene: Pietro di Trento e Andrea di Foggia hanno anche assistito nei cantieri alla sua costruzione e sono emozionati di vederne l’imponente resa sul palco. Mentre Maria, trucco da Biancaneve con diadema e cappotto Armani, studentessa di Beni culturali è interessata al «Cinquecento spagnolo e a come l’ha rappresentato il regista. E mi piacciono moltissimo i costumi» di Franca Squarciapino, tutti in nero, perché ai tempi era il colore della ricchezza, più dell’oro e dell’argento. Unica perplessa, nonostante «tutti i cantanti siano bravissimi», è Anna, insegnante di Geografia economica ma ferratissima su Verdi: il problema non è la musica, non sono le voci, ma è «quella torre troppo statica».

Con il procedere dell'opera però, più della scenografia torna protagonista Verdi. Nonostante le preoccupazioni della vigilia sulla complessità del Don Carlo, da quando Michele Pertusi apre il terzo atto con Ella giammai mi amò a ogni cantante arriva il "Bravo!" del pubblico giovane.

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