Michele Zarrillo, cosa vuol dire “Vivere e rinascere”: «Sono un outsider, ora anche nella vita»

(Foto di Nicola Dalla Mura/Ag.Toiati)
di Andrea Andrei
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Mercoledì 15 Marzo 2017, 22:56 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 15:17

“Vivere e rinascere” non è solo il titolo di un disco. Perché per Michele Zarrillo vuol dire molto di più. Vuol dire un ritorno sulle scene, innanzitutto, dopo un lungo stop obbligato. Vuol dire . Ma vuol dire soprattutto aver avuto la forza e lo spirito di ricominciare a fare con passione il mestiere più bello del mondo, quello del musicista.
 

 

«Questo disco è il compimento di un percorso – racconta Zarrillo a Messaggero Tv – cominciato nel 2014, quando il 7 ottobre, dopo un'assenza di un anno, tornai sul palco insieme a Danilo Rea e a Stefano Di Battista. È con quello spettacolo all'Auditorium Parco della Musica di Roma che ho ricominciato davvero a percorrere quella strada che, al fianco di altri grandi musicisti come Giampiero Artegiani e Alessandro Canini, mi ha portato a creare questo album, che è nato con grande armonia».

Il 2013 è stato per Zarrillo un anno estremamente difficile. Dopo essere stato ricoverato d'urgenza per un infarto, ha dovuto infatti interrompere la sua attività artistica. «Io non so dire come ne sia venuto fuori, da quel momento. Ma quello che davvero mi ha sorpreso è stata la presa di coscienza di quanto la vita sia fatta di momenti. Una vita in cui magari fai mille progetti e mille pensieri, in cui ti concentri sui tuoi impegni e poi, se quella macchina che è il nostro corpo subisce qualche malfunzionamento, tutto può finire improvvisamente. O comunque sei costretto a fermarti e a rivedere tutto. A me comunque è andata bene, e adesso avere l'opportunità di ricominciare a suonare, a comporre e a fare dischi e concerti mi fa vivere ancora di più questo privilegio».
 

Il suo ritorno, Zarrillo lo celebrerà di nuovo nella sua città, Roma, dove concluderà un tour teatrale che comincerà l'8 aprile da Maiolati Spontini (Ancona) e che lo porterà in tante città italiane, da Napoli a Gallipoli, da Torino a Milan e a Padova, per finire proprio all'Auditorium Parco della Musica, il 18 maggio. Un tour in cui presenterà i brani storici, ad “Una rosa blu” a “L'elefante e la farfalla”, ma che sarà l'occasione anche per ascoltare le nuove canzoni di “Vivere e rinascere”, fra cui “Mani nelle mani”, che ha presentato allo scorso festival di Sanremo.

«Devo dire che Sanremo mi è piaciuto molto quest'anno – annuisce – Carlo Conti è stato bravo, è stata un'edizione interessante. Per me è stato parecchio movimentato. Avevo il terrore, come tutti a parte due o tre concorrenti, di non riuscire ad arrivare in finale. E invece ci sono riuscito, con mia grande sorpresa. Sanremo mi ha fatto questo regalo». Eppure, le ricorrenze questo regalo lo avevano previsto. Nel 1987, quando aveva 30 anni, Michele con “La notte dei pensieri” vinse il Festival nella categoria delle nuove proposte. Oggi, nel 2017, Zarrillo di anni sta per compierne 60.

«La sorpresa è stata grande perché quest'anno sono andato a Sanremo da vero outsider: dopo un lungo periodo di assenza, sfidando i tanti concorrenti dei talent con un pubblico più numeroso e più giovane. Vabbè – sorride – sarà che io sono outsider da quando sono nato, per un motivo o per un altro. E adesso, dopo le mie vicissitudini di salute, sono un outsider anche nella vita».

E forse è proprio questo suo essere outsider la sua carta vincente. O forse, più semplicemente, è che la sua ricetta, di romanticismo e riflessione, è rimasta fedele nel tempo, anche dopo gli sconvolgimenti della sua vita.

andrea.andrei@ilmessaggero.it
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