Lana Del Rey, la sensuale nostalgia conquista la Versilia: in 17 mila tra lacrime e applausi

Ieri sera per il festival “La prima estate” al Lido di Camaiore c’è stata l’unica esibizione in Italia della cantautrice Usa: cambi d’abito, glamour Anni ‘60 e una scaletta di grandi successi

Lana Del Rey, la sensuale nostalgia conquista la Versilia
di Andrea Andrei inviato a Lido di Camaiore
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Lunedì 3 Luglio 2023, 00:46 - Ultimo aggiornamento: 00:58

dal nostro inviato

LIDO DI CAMAIORE (Lucca) «Questo è uno dei posti più incredibili dove abbia mai cantato», dice Lana del Rey dal palco. Eppure quando, sabato 24 giugno, gli organizzatori del festival “La prima estate” hanno ricevuto una telefonata dal management di Del Rey che comunicava che l’artista americana si sarebbe esibita una settimana più tardi proprio lì da loro, a Lido di Camaiore, per una sorta di mini tour europeo a sorpresa che precede il live londinese a Hyde Park del 9 luglio, hanno sgranato gli occhi. Non tanto perché la cantautrice 38enne non si esibiva in Italia da 5 anni, né perché aveva scelto proprio il piccolo festival toscano per tornarci, e tutto sommato nemmeno per il preavviso quasi nullo. Ma perché “La prima estate” avrebbe dovuto chiudere i battenti il giorno seguente, il 25 giugno.


IL MIRACOLO
L’occasione però era davvero troppo ghiotta, ed ecco che alla fine in Versilia il piccolo miracolo è avvenuto: ieri sera Lana Del Rey è salita sul palco del Parco Bussoladomani e ha cantato davanti a 17 mila fan, giovanissimi e non, accorsi da tutta la Toscana ma anche da molto più lontano (un migliaio da Roma) per non perdersi “l’evento speciale” della kermesse, che prima di Elizabeth Grant (questo il vero nome dell’artista) in due weekend aveva visto esibirsi, tra gli altri, Jamiroquai, Bon Iver, Kings of Convenience e Alt-J. Un concerto iniziato in un’atmosfera quasi onirica, con un corpo di ballo tutto al femminile che danzava sulle note di A&W e lei, Elizabeth, entrata come una diva d’altri tempi mentre tra il pubblico già scendeva qualche lacrima d’emozione. 


Forse non è un caso che Del Rey, che dopo aver partecipato al festival di Glastonbury (dove è salita sul palco in ritardo e alla fine è stata invitata a scendere dalla sicurezza per aver sforato ampiamente l’orario limite del concerto) abbia scelto proprio la location de “La prima estate” per la sua unica data in Italia, lei che l’estate la canta da sempre. Ma non l’estate dei tormentoni, non quella del divertimento sfrenato, ma quella malinconica, quella degli amori improvvisi e troppo brevi, quella della nostalgia e dei drink che servono solo a non pensare, a lasciarsi andare al brivido della notte prima che il sole sorga e porti via tutto. Quella insomma in odore di ‘60 e ‘70, anni di cui il look e la musica di Lana Del Rey sono pieni e che ancora si respirano in Versilia, qui a pochi passi dalla Bussola, locale che fu un riferimento per la musica italiana di quel periodo.


E basta la sua voce felpata, in questo parco davanti al mare, a spiegare come una ragazza di famiglia ricca ma dal passato complicato (dipendenza da alcol compresa) sia diventata la regina del pop d’autore più riflessivo, una sorta di Taylor Swift in versione intimista, che ha avuto tra gli altri meriti quello di aver ispirato Billie Eilish (quest’ultima ha ammesso, proprio parlando con Lana su Interview magazine, che «sul primo iPhone che abbia mai avuto», c’era una sua foto «sulla schermata di blocco»).

Dal 2012, l’anno che per lei segnò il successo internazionale con l’album Born to Die, fino a Did you know that there’s a tunnel under Ocean Blvd, uscito lo scorso marzo, l’artista ha conquistato un esercito di fan, soprattutto giovanissimi, che gli è rimasto fedele proprio come lei è rimasta fedele al suo stile vintage e sensuale, a quel modo sussurrato e intimo di cantare che trasforma le sue canzoni in un balsamo per chi, più che essere l’anima della festa, preferisce restare in disparte a guardare il mare.

L’intro su A&W lascia subito spazio a Young and Beautiful, uno dei suoi maggiori successi, cantata a squarciagola dal pubblico in delirio che sovrasta la voce sinuosa della diva. La quale resta lì, circondata da un’aura quasi mistica e irraggiungibile, eppure tanto familiare per chi, sotto al palco, scandisce le parole dei brani come fossero le sue.

Uno strascico nero lunghissimo e il cambio d’abito sul palco, coperta dalle ballerine che poi continuano ad aggiustarle l’acconciatura sulle note suadenti di Bartender, uno dei brani meglio riusciti di Norman Fucking Rockwell!, bellissimo album del 2019 impregnato di atmosfere californiane (per promuoverlo, nel 2020, Del Rey avrebbe dovuto esibirsi anche all’Arena di Verona, ma il Covid lo impedì). Così come i ricordi scorrono anche le canzoni, da Chemtrails over the Country Club a The Grants, che Elizabeth ha dedicato alla sua famiglia e su cui lei stessa si emoziona, a Cherry, fino alle hits Born to Die, Blue Jeans e Ultraviolence. 


L’IMPRESSIONE
Lana Del Rey sul palco, tra altalene floreali, si muove pochissimo ma non le serve, si ha l’impressione che potrebbe anche smettere di cantare, perché la sua presenza basta per mantenere l’atmosfera sospesa e sognante. Il pubblico le chiede a gran voce il brano Salvatore. E lei lo canta a cappella gridando «Ciao amore» nell’estasi dei fan. Tocca alla struggente Venice Bitch, che culla il Parco Bussoladomani raccontando di falò e, anche qui, di estate che lentamente si spegne lasciando spazio ai ricordi e a quel senso costante di perdita che accompagna il trascorrere del tempo, soprattutto quello speso meglio.

La paura del ritorno alla normalità, la sensazione che nulla tornerà come prima: Nothing gold can stay, “Nulla di dorato può restare”, canta Lana. Intanto sul maxischermo scorrono le immagini un po’ sfocate di spiagge e strade della West Coast, di sogni evanescenti e meravigliosi viaggi “on the road” con tutto il loro carico di nostalgia raccontato tanto da Jack Kerouac quanto dai Red Hot Chili Peppers. È il momento di Summertime Sadness: eccolo il vero manifesto di Lana Del Rey, prima che Video Games chiuda le danze, in un oceano di «stelle», come Elizabeth chiama i flash degli smartphone. Come in una metafora perfetta, un venticello porta via la Prima estate. A ricordarci che in fondo, l’estate è bella anche perché finisce.
 

Andrea Andrei

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