"La sonnambula" al Teatro dell'Opera divide la platea: grande canto, ma la regia è discutibile

"La sonnambula" al Teatro dell'Opera divide la platea: grande canto, ma la regia è discutibile
di Luca Della Libera
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Sabato 13 Aprile 2024, 12:10

Luci e ombre nella “Sonnambula” di Bellini andata in scena al Teatro dell’Opera. Il nuovo allestimento, molto discutibile, ma di grande qualità musicale, ha diviso la platea: da un lato applausi a scena aperta e ovazioni per i cantanti e il direttore d’orchestra Francesco Lanzillotta, e dall’altro fischi e “buu” alla fine dello spettacolo per la coppia di registi francesi Jean-Philippe Clarac e Olivier Deloeuil noti come “Le lab”, al loro debutto in Italia, che hanno firmato anche scene e luci.

La messa in scena è multimediale, la vicenda si svolge in una sala di un museo immaginario, Elvezia - l’arricchito Elvino lo ha affittato per festeggiare le sue nozze - che strizza l’occhio alla Svizzera del libretto. Sul fondo della scena sono collocati tre grandi schermi: al centro opere d’arte originali della Galleria Nazionale d’Arte Antica e ai lati la loro reinterpretazione contemporanea. Il via con un video. La notte prima delle sue nozze Amina si aggira nelle sale della Galleria poi esce per strada, scambia messaggi al cellulare con la madre e finalmente entra in una stanza d’ albergo e s’addormenta con l’aiuto di qualche sonnifero. Non si tratta di un albergo qualsiasi, ma del Quirinale, alle spalle del Teatro dell’Opera; alle pareti locandine di storici allestimenti del capolavoro belliniano e foto in bianco e nero di dive.

I registi hanno quindi voluto immaginare tutto lo spettacolo come un sogno/incubo giocato su un doppio registro temporale. Sono partiti dalle paure della protagonista alla vigilia delle nozze, con il dichiarato obbiettivo di far dialogare il linguaggio contemporaneo con il patrimonio culturale del passato. Il risultato però è confuso, la scena sempre sovraffollata e senza alcun rispetto per la miracolosa purezza della partitura belliniana. Alcune soluzioni sono francamente imbarazzanti: c’era bisogno nel secondo atto di attaccare alle spalle della protagonista due cuscini per farci capire che è sonnambula, o per il coro di camminare con le braccia tese in avanti per mimare il funambolismo, oppure di unire indici e pollici per formare i cuoricini, o portare le mani alla bocca e muovere la testa quando cantano “Oh, oh”? E cosa dire degli alphorn (i corni alpini) schierati nel coro per ricordarci che la vicenda si svolge in Svizzera, anche se poi i registi hanno ambientato la vicenda in una galleria d’arte?

Peccato che per il debutto in questo capolavoro di una cantante del calibro di Lisette Oropesa sia stata realizzata una regia così insulsa.

Per fortuna il soprano ha offerto un’interpretazione magnifica quanto a qualità vocali, intonazione e fraseggi morbidissimi, sia nei momenti cantabili sia in quelli virtuosistici. Pagine immortali, come la cavatina e la cabaletta del primo atto “Come per me sereno…Sovra il sen la man mi posa” e la scena del sonnambulismo “Ah, non credea mirarti” sono state giustamente applaudite a scena aperta. Una spanna sotto la prova del tenore John Osborn, comunque molto bravo, nella difficilissima parte di Elvino. Magnifico per ampiezza e qualità di voce Roberto Tagliavini nei panni del conte Rodolfo e molto bene Monica Bacelli in quelli di Teresa, così come Francesca Benitez (Lisa) e Mattia Rossi (Alessio). Francesco Lanzillotta è un direttore che vorremmo sentire più spesso dirigere nella sua città. Sul podio di Coro e Orchestra in gran forma, ha dato una lezione di come si debba affrontare questo repertorio con raffinato senso del fraseggio, perfetto equilibrio tra le sezioni all’interno dell’orchestra, e tra questa e il palcoscenico. Spettacolo che merita senz’altro di essere ascoltato, non visto. Si replica fino al 17 aprile. 

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