Gergiev torna al Festival Verdi di Parma: «Un repertorio brillante dopo momenti così deprimenti»

Il Maestro Valerij Gergiev
di Simona Antonucci
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Venerdì 2 Ottobre 2020, 21:07 - Ultimo aggiornamento: 3 Ottobre, 17:20

Valerij Gergiev è tornato a Parma dopo 19 anni dalla sua ultima esibizione nella Messa da Requiem in Duomo nel 2001 in occasione delle celebrazioni del centenario della morte di Giuseppe Verdi. Ed è stato un trionfo: 12 minuti di applausi. Un successo, quello di venerdì 2 ottobre, nell'ambito del XX Festival Verdi “Scintille d’opera” con il Maestro russo alla testa dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna,  al Teatro Regio di Parma dove, dal teatro all’aperto del Parco Ducale, il concerto sinfonico è spostato per le mutate condizioni meteorologiche.

In programma pagine di Giuseppe Verdi, con la Sinfonia da La forza del destino, Gioachino Rossini, con l’Ouverture da Guillaume Tell, Felix Mendelssohn, con la Sinfonia “Italiana”, Pëtr Il’ič Čajkovskij, con la Quinta Sinfonia.

In sala, tra gli ospiti, anche Marco Manfredi (direttore generale di Innovation Publitalia), Giampiero Maioli (direttore generale del Crédit Agricole in Italia), Roberto Abbado (direttore musicale del festival), Fulvio Macciardi (sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna) e Alejandro Abrante (sovrintendente dell'Opera di Tenerife).


Maestro Gergiev, sono passati 20 anni dall'ultima volta che ha diretto a Parma, per il centenario della morte di Verdi. Come ricorda quell'esperienza?
«Ricordo la grandiosa, commossa atmosfera della nostra esecuzione della Messa da Requiem nel Duomo, con un organico misto, russo e italiano, con il Coro del Teatro Marinskij assieme all'Orchestra della Rai, e un cast vocale internazionale, con cantanti italiani, russi, americani, alla presenza del Presidente  di allora Carlo Azeglio Ciampi. Erano passati esattamente a 100 anni dalla notte della morte di un grande Uomo».

Ritorna a Parma con un programma studiato per l’occasione.

«Abbiamo eseguito a Parma un programma molto europeo, con autori che rappresentano la grande tradizione italiana, come Verdi e Rossini, e opere che rievocano l'atmosfera italiana, come nella Sinfonia Italiana di Mendelssohn, con la sua cantabilità, e l’utilizzo di ritmi di danze tipicamente italiane. Anche Čaikovskij è stata una scelta naturale, per me, poiché vengo da San Pietroburgo, anche se sono nato a Mosca e cresciuto nel Caucaso, a Vladikavkaz, una città dal passato molto interessante, che lo stesso Čaikovskij ha avuto l'opportunità di visitare, così come, a mia volta, poche settimane fa, sono stato nella città natale di Čaikovskij, Votkinsk, dove ho potuto visitare la casa in cui è nato e cresciuto e tenere un concerto con il Marinsky. Sappiamo bene inoltre quanto Čaikovskij abbia amato l'Italia, e anche la Francia, da cui è stato chiaramente ispirato, come in Pique Dame, un’opera molto importante per la cultura russa. E allo stesso modo Berlioz, Mozart sono stati influenzati dall’Italia, e in effetti le personalità artistiche che lo sono state formerebbero una lista enorme: non conosco una che non abbia subito questo fascino».

La Forza del Destino è stata eseguita in prima assoluta, nella sua prima versione al Bol’šoj Kamennyj di S. Pietroburgo nel 1862. Qual è stato il destino di quest’opera, in Russia?

«La Forza del Destino è un’opera che abbiamo eseguito, negli ultimi trent’anni, in ogni stagione del Marinskij a S. Pietroburgo, nella famosa prima versione, presentata in prima assoluta nel 1862, occasione per la quale Verdi si recò a S. Pietroburgo ben due volte. E poiché la tratta non era ancora coperta dalla ferrovia, lo fece viaggiando in carrozze trainate da cavalli, affrontando un viaggio assai disagevole, considerando il fatto che avrebbe dovuto recarsi davvero molto lontano dal suo paese. Sappiamo che viaggiò portandosi al seguito laute scorte di parmigiano e vino italiano…!». 

Rossini?

«Al Marinskij stiamo pianificando di mettere in scena tre opere di Rossini: la più grande è il Guillaume Tell, che è mio espresso desiderio poter eseguire, quindi mi fa molto piacere dirigere anche a Parma. L’Italiana in Algeri e Cenerentola fanno inoltre parte della lista delle nuove produzioni che intendiamo realizzare, nel 2021. Dopo questi ultimi sei mesi dove in Russia, in Europa, e in tutto il mondo, abbiamo vissuto forse i giorni più deprimenti della storia della musica, sono sicuro che Rossini, con il suo grande sorriso, brillante senso dell'umorismo, il suo tocco leggero e uno spirito eccezionale, sarà più che benvenuto in tutti i teatri d’opera del mondo. In questo momento, non sento il desiderio di dirigere opere cupe, fosche, drammatiche. Opere come la Cenerentola, o l’Italiana sono invece scelte molto piacevoli per me, e credo che il pubblico, che è stato deprivato per tanto tempo della musica dal vivo, le ascolterà con altrettanto piacere».

Ama dirigere la musica contemporanea?
«Nel mio repertorio, non solo con il Marinskij, ma ovunque io vada, scelgo spesso di eseguire Ščedrin, che alla veneranda età di 87 anni, è di ottimo spirito e sta componendo. Le sue opere, i suoi balletti, i suoi concerti strumentali sono una parte importante del nostro repertorio. Le grandi composizioni di Sofija Gubajdulina sono anch’esse molto importanti e le ho eseguite moltissimo negli ultimi 30 anni. Naturalmente, oggi ci sono compositori molto più giovani, che sono profondamente votati all’espressione delle loro tradizioni musicali, e spero vivamente che continueremo a presentare tutti questi nuovi artisti contemporanei. Una caratteristica del nostro tempo, nell’ambito musicale classico, è che esistono un grande esercito di artisti-interpreti e, al contrario, pochi gruppi, e molto selezionati al loro interno, di musicisti-compositori. Ma è bello constatare che il numero d’interpreti che fanno del suonare la propria musica una priorità sta aumentando».

Si fa abbastanza per avvicinare i giovani alla musica?

«In due parole: è un grosso errore se si comincia a pensare, come succede in Russia e forse anche in Italia, che è solo nelle scuole musicali speciali, o nei Conservatori, che i bambini, a 6, 7 o 8 anni possono essere avviati alla musica. In questo senso sono d’accordissimo con Muti, che sostiene che sia stato un grande errore escludere la musica nelle scuole dell’obbligo. Io mi ricordo bene come, fin dalla scuola primaria, assieme all'inglese e alla matematica, praticassimo la musica corale, e fossimo al contempo educati alla comprensione di opere anche piuttosto complicate, come per esempio la 14° Sinfonia di Šostakovi .

Il Marinskij fa molto per il pubblico dell’infanzia, disponiamo anche di 5 sale, quindi c’è spazio per moltissimo oltre alla programmazione operistica e sinfonica. Ieri, per esempio, dopo tanto tempo, ho diretto un concerto speciale per bambini, eseguendo la Favola dello zar Saltan di Rimsky-Korsakov e la Suite dall’Uccello di fuoco, e i bambini erano palesemente molto felici. Ma i bambini sono gli stessi ovunque, in tutto il mondo: a loro piacciono soprattutto le cose che attirino la loro attenzione, “che arrivano” con semplicità e immediatezza».

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