Il Maestro Riccardo Muti al Teatro Massimo di Palermo: «Basta suonare per sedie vuote»

Il Maestro Riccardo Muti
di Simona Antonucci
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Mercoledì 31 Marzo 2021, 07:37

«Quando sono all’estero le notizie che mi arrivano dall’Italia sono quasi sempre terribili. Soprattutto quelle che riguardano il Sud, che poi è la mia Terra. Molte le narrazioni che finiscono per alimentare i lati negativi. Invece bisognerebbe far conoscere altro. Qui c’è una cultura ineguagliabile, non esiste nulla come l’Italia». Riccardo Muti ha concluso a Palermo il suo Grand Tour primaverile. Sulla web tv del Teatro Massimo viene trasmessa la Sinfonia n. 3 di Schubert e la Sinfonia Dal Nuovo Mondo di Dvořák con la Cherubini. Ma il 27 marzo, alle 11,30, il maestro ha ricevuto la cittadinanza onoraria (in diretta sul sito www.comune.palermo.it e sulla WebTv del Teatro Massimo).

E intanto  le prove del Requiem di Verdi con l’Orchestra e il Coro del Massimo che è tornato a dirigere dopo 50 anni: risultato? «Mi sono trovato così bene che sarò qui di nuovo per dirigere un’opera».

Un “regalo” della pandemia che le ha concesso di trascorrere un lungo periodo a “casa”?

«Dall’11 marzo, per la prima volta al Teatro Regio dirigendo Così fan tutte di Mozart. Poi la tournée con la mia Orchestra Cherubini, registrando concerti anche a Bergamo e Napoli. Ho riscoperto orchestre e teatri italiani. A settembre riprendo a lavorare a Chicago, ma tornerò».

Un’opera a Palermo? Quando?

«Il prima possibile. L’ho promesso sia a Torino sia a Palermo, dove ho scoperto due orchestre diverse, ma entrambe in gran forma. Disponibili a fare musica insieme con il sorriso anche se in situazioni di estrema difficoltà. La nostra è una missione, non intrattenimento. Anche se con i teatri chiusi, sembra di guidare macchine senza benzina».

Lo streaming è un ripiego?

«Aspettiamo con ansia il ritorno alla normalità perché il teatro si fa con il pubblico. Noi non comunichiamo con le sedie vuote. Lo streaming è un momento di passaggio, se fatto seriamente può essere un aiuto».

Lo streaming ha anche permesso di trovare soluzioni diverse: film, gala: le approva?

«Bisogna continuare a suonare. Ma non si può approfittare della situazione per dare spazio a troppe invenzioni.

Molti registi hanno trovate discutibili. Che possono uccidere la natura vera dell’opera. Lo streaming diventa pericoloso quando offre l’occasione a personaggi eccentrici, di rovinare l’essenza del teatro».

In questi giorni ha attraversato l’Italia: che cosa conserva?

«A Torino ho visitato il Palazzo Reale e il Museo Egizio che sono stupefacenti. E a Palermo, città meravigliosa, ho reso omaggio a Federico II che ha sempre preferito vivere nel Sud d’Italia. Bagni di cultura straordinari».

Lei si rivolge spesso agli italiani. Lo farebbe da politico?

«A mala pena so fare il direttore d’orchestra. La politica non è il mio mondo. Ma l’Italia è il mio mondo. Io ho studiato qui. Tutte le onorificenze che ho ricevuto all’estero sono state possibili grazie al bagaglio professionale che mi hanno fornito i Conservatori di Napoli e Milano».

Cariche politiche mai, ma il suo impegno civico non è solo quello di un musicista?

«Fare il direttore d’orchestra in un Paese che dovrebbe occuparsi molto di più di orchestre, teatri, bande e arti, oggi diventa una vera battaglia».

A Draghi che cosa direbbe?

«Lo stimo, ma non lo conosco personalmente. Però, vorrei che non fossimo noi musicisti a bussare alle porte del convento per chiedere pane. Dovrebbero essere quelli del convento ad aprire le porte e a dare il pane. E forse anche il companatico».

Prima di arrivare a Palermo ha girato un bel po’: ma il vaccino le è stato somministrato?

«Meglio se mi domanda quanti tamponi ho fatto. Centinaia, sono una specie di sacco bucato. Il mio vaccino, i miei 80 anni, sono una faccenda privata. Se dobbiamo parlare di vaccini in Italia, chi sì, chi no, funziona tutto in modo così singolare che non vorrei alimentare polemiche. Sto provando il Requiem di Verdi e lascio parlare la musica».

E che cosa dice, adesso, la musica?

«È una grande pagina di dolore, che finisce dicendo Libera me domine: attraverso il Requiem chiediamo di essere liberati da questa catastrofe». 

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