Africa Sarda, il progetto di Carla Cocco unisce la musica ghetto di Lusaka con quella della Sardegna

Africa Sarda nel ghetto di Bauleni, a Lusaka
di Fabrizio Zampa
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Giovedì 20 Settembre 2018, 23:45 - Ultimo aggiornamento: 23:46

«La mia più sensata follìa»: così la cantautrice e percussionista Carla Cocco, sarda di Carbonia, 40 anni compiuti da pochi giorni, definisce Africa Sarda, il progetto nel quale mescola la cultura musicale della Sardegna a quella africana, o meglio a quella di un ghetto di Lusaka, in Zambia, nel quale ha trovato la realizzazione di un sogno in partenza considerato impossibile.

La sua storia aiuta a capire tutto. Ha cominciato a 15 anni con una soul band nella quale rileggeva le canzoni di Aretha Franklin, si è laureata a Roma in Discipline del Servizio Sociale, come assistente sociale ha cantato nelle case famiglia per minori e nei carceri minorili della città, ha fatto tanti concerti, ama anche la musica del Brasile, ha reso omaggio al grande Vinicius de Moraes al Parco della Musica inseme a Ornella Vanoni, Tony Bungaro, Celso Fonseca, Selma Hernandes, Max de Tomassi, Eddy Palermo, Claudia Endrigo (e in Brasile è apprezzata tanto che due musicisti doc, Toquinho e Maria Gadù, hanno partecipato al suo recente cd Respiro), insomma non se n’è mai stata con le mani in mano, e la sua avventura merita di essere raccontata nei dettagli.

 

 


Il primo viaggio di Carla in Africa è stato nel 2015. «Mi chiamò Massimo Nunzi, il musicista e direttore d’orchestra, mi disse che aveva bisogno di una cantante per la Settimana della Lingua Italiana nel Mondo organizzata dalla nostra ambasciata, dall’Accademia della Crusca e da varie altre associazioni e mi chiese: ti andrebbe di fare due date in Africa? Io non c’ero mai stata e gli ho detto subito di sì senza sapere quando, né dove, né se mi avrebbero pagata né altro. Era in Zambia, e una volta arrivati l’ambasciatore ci portò a visitare il ghetto di Bauleni, alla periferia di Lusaka, e lì sono rimasta folgorata. Ho conosciuto Diego Cassinelli, che ha fondato insieme alla zambiana Bertha Tembo l’associazione In & Out of the Ghetto e che mi ha proposto di fare laggiù qualcosa con la musica. Così quando sono tornata in Italia ho dato il via a una raccolta fondi per costruire una scuola e uno studio di registrazione a Bauleni, mi sono informata sulle piattaforme di crowfunding, ho mandato un progetto a Musicraiser, me l’hanno approvato e la campagna è cominciata».

Quanto avete fatto? «Quasi seimila euro. Ho pensato che per cominciare andavano bene, e in modo abbastanza incosciente sono di nuovo partita, anche se tutti mi dicevano che ero matta e che era una cosa più grande di me. Ma ce l’avevo proprio nel cuore, e per la prima volta non ho neanche passato il Natale con la mia famiglia. Io manco dalla Sardegna da vent’anni e per me il Natale è sacro, è l’unico momento a casa. Ho chiamato Diego e gli ho detto: che ne pensi se vengo a passare il Natale lì? Una volta a Bauleni mi sono convinta ancora di più, mi sono ancora di più innamorata della realtà di quelle ragazze e di quei ragazzi, e ho subito scoperto che, qualsiasi cosa proponi, loro sono spugne, assorbono tutto, hanno un’enorme voglia di imparare».

Racconta Carla che c’è tornata tre volte. «Mi sono messa a interpretare canzoni in sardo, i giovani del ghetto sono impazziti per la lingua sarda e cantavano in coro i miei pezzi. C’era un ragazzo che aveva un mixer e due casse, roba da due soldi, e insieme a lui ci siamo messi a lavoro. Abbiamo inciso un disco in sardo e in lingua cinyanja, detta anche chewa o nyanja, ne è venuto fuori un buon prodotto e ne abbiamo regalata una copia a tutti coloro che avevano contribuito alla raccolta con le loro donazioni. Intitolato Africa Sarda & Is Amigus, non è in vendita nei negozi perché non abbiamo un’etichetta né una distribuzione, ma si può trovare su Itunes (e vi consigliamo di cercarlo subito perché è delizioso, n.d.r.), comprende canzoni in africano e in sardo, cantate da me con i ragazzi di Bauleni, che hanno mostrato grande passione per la mia lingua così come io ho ricambiato con la mia passione per la loro, e nella band ci sono il chitarrista e batterista Andrea De Luca, il bassista Mimmo Catanzariti e il pianista e tastierista Muzio Marcellini».

Con Carla c’è la African Voice Band, un gruppo di adolescenti nati nei cortili del ghetto, e a Bauleni è nato il sogno: Africa Sarda Studio, uno studio di registrazione e insieme una scuola di musica che permetta ai ragazzi di studiare, esercitarsi, incidere autonomamente la propria musica e portarla fuori dal ghetto, lontano da quella realtà, anche con una serie di concerti: saranno loro i protagonisti attivi dello sviluppo della comunità in cui vivono, e verranno sottratti a un inevitabile destino di povertà, analfabetismo, tossicodipendenza e delinquenza, dando loro la possibilità di costruirsi un futuro diverso, nuovo, positivo.
Lo Zambia, duemila chilometri a sud dell’equatore, confina a nord con la Repubblica Democratica del Congo, a nord-est con la Tanzania, a est con il Malawi, a sud con Mozambico, Zimbabwe, Botswana e Namibia, e a ovest con l’Angola: è un mix di culture, tradizioni e linguaggi con un totale di oltre 25 etnie. La lingua ufficiale è l’inglese ma ci sono 78 lingue locali, come Nyanja, Bemba, Kaonde, Lozi, Lunda, Luvale, Tonga. La più usata a livello nazionale è Bemba, mentre Nyanja è la lingua più parlata nella capitale Lusaka.

Così è nata l’associazione Africa Sarda (www.africasarda.com) che è di nuovo alla ricerca di fondi per sistemare tutto. «Prima nel ghetto non c’era assolutamente niente ma adesso la struttura è pronta: ci sono la scuola e lo studio di registrazione, il resto manca e quindi dovremo fare una nuova raccolta per attrezzare lo studio, comprare mixer, microfoni, altoparlanti, strumenti. Ho già trovato parecchi strumenti usati regalati da musicisti amici, dalle chitarre alle tastiere, da mandare in Africa. Il problema è che spedirli costa tantissimo, e quindi ci vorrà un po’ di tempo, però si va avanti». Se andate sul sito di Africa Sarda già nella prima pagina, in alto a destra, c’è il tasto “Donazione”. Cliccateci sopra e guadagnatevi un pezzetto di paradiso africano. Ne vale la pena, anche se lo fate con pochissimi euro.

 

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