Arctic Monkeys a Roma, l'eleganza di essere rock

Arctic Monkeys a Roma, l'eleganza di essere rock
di Andrea Andrei
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Lunedì 17 Luglio 2023, 14:29 - Ultimo aggiornamento: 14:44

I concerti di cui è piena l'estate romana ci hanno abituato a scenografie immense, a giochi di luce esagerati, a fuochi d'artificio, a fiamme e coreografie complesse. A un perfetto esempio, insomma, di ciò che la musica oggi è diventata, sempre più orientata allo show a favore di dvd e cofanetti da collezione. Non è il caso degli Arctic Monkeys, che ieri, all'ippodromo delle Capannelle, sono saliti sul palco del festival Rock in Roma armati solo dei propri strumenti, di un'illuminazione da dance club (mirrorball compresa), di abiti eleganti e della loro potente genuinità da eterni ragazzacci britannici.

Una band che nei primi anni Duemila nacque dall'iniziativa di quattro adolescenti di Sheffield ancorati alle estetiche vintage inglesi degli Anni 60 e appassionati del brit pop di Oasis e Blur. Una band che però seppe cavalcare sia l'ondata indie rock che di lì a poco avrebbe dominato le classifiche, sia le nuove tecnologie: i primi brani furono pubblicati su Internet e da lì si diffusero con il passaparola fino a prendere la forma, nel 2005, di un album dal nome incredibilmente lungo, "Whatever People Say I Am, That's What I'm Not" che con la sua energia irresistibile trasformò il gruppo in un fenomeno. Quella stessa energia che si è riversata improvvisamente sui 34 mila spettatori di Capannelle (i biglietti erano andati esauriti in poche ore) con "Sculptures of Anything Goes" e "Brianstorm" dopo che il frontman, il fascinoso 37enne Alex Turner, è entrato in scena con occhiali da sole, camicia e acconciatura rockabilly d'ordinanza seguito dal resto del gruppo.

Qui non ci sono apparizioni a effetto, non c'è nessun copione se non quello della scaletta, che continua con "Snap Out of It", "Don't Sit Down Cause I've Moved Your Chair" e "Crying Lightning" più o meno come era stato sabato sera a Milano per gli I-Days, unica altra data italiana del tour per il nuovo album "The Car".

 

 

Generazione Z, a giudicare dal grande numero di giovani presenti a Capannelle, tra i quali c'erano anche Madame e Ariete. Complice anche la sua evoluzione musicale, l'ultima volta che la band aveva messo piede a Roma, nel 2018 all'Auditorium, lo show era stato più freddo, meno coinvolgente. Oggi invece Turner è perfettamente a suo agio, tutti gli occhi sono per lui, interagisce con il pubblico ringraziando in italiano e anche se in camicia non rinnega i suoi esordi: "Teddy Picker" e "The View From the Afternoon" scatenano una bolgia danzereccia che continua su "Why'd You Only Call Me When You're High?", sui ritmi noir di "Arabella", su quelli festaioli di "Fluorescent Adolescent", sull'estasi e sul coro di "Do I Wanna Know?". Il caldo soffocante non scalfisce il perfetto stile della band, che suona per poco più di un'ora e mezza (il bis è sull'elettrizzante doppietta "I Bet You Look Good on the Dancefloor" - "R U Mine?") in un'atmosfera rilassata che ricorda quella dei Beatles durante le sessioni negli studi di Abbey Road. E sì, il paragone è volutamente azzardato, perché c'è qualcosa nella potente semplicità di questa band, qualcosa che ricorda i tempi in cui bastavano davvero delle chitarre e quattro amici per entrare nella storia. E magari, perché no, anche un bel taglio di capelli.

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