Lo dimostrano le vite di personaggi sorprendenti, come ad esempio Sua Maestà Carlo II, a detta dell’autore “il re più peccaminoso e lussurioso”, definito da George Villiers “il padre” naturale del popolo inglese, o “almeno di gran parte di esso”. Per non parlare poi degli uomini di Chiesa, certamente non da meno: basti pensare che il cardinal Wolsey, grande Primo ministro di Enrico VIII, “nel suo palazzo di Hampton Court - spiega Caprarica - aveva creato un quartierino di meretrici a disposizione dei suoi ospiti”. Ma dal libro si evince che dalla classe dirigente al popolino, davvero tutti gli isolani, nei secoli, hanno pensato che fornicare fosse uno dei compiti fondamentali della vita.
Insomma, altro che popolo casto alla “No Sex Please, We’re British”, la commedia di successo del 1971 che faceva pensare che agli inglesi non scocciasse affatto di essere considerati compassati e pudibondi. Dal piacere nella “red telephone box” alle corna che si quotano in Borsa, quello che emerge dal racconto di Caprarica è piuttosto l’immagine, pagina dopo pagina, di una Londra costantemente peccaminosa, dove la tanto decantata rispettabilità vittoriana si mostra come una patina ipocrita e di facciata, perché sotto di lei si nasconde il peggio delle perversioni.
D’altronde, come si legge nel libro, sono stati i sovrani inglesi a trasformare la corte in un vero e proprio bordello, gli aristocratici britannici ad occupare il loro tempo ad aggiornare un libretto, vero best seller nel 1760, con le “specialità” delle “professional beauties” disponibili in città e infine, la classe dirigente isolana ad amare la pratica dello “spanking", vere e proprie sculacciate esercitate nelle severe scuole del Regno e trasformate in eccitante tortura per “nobili natiche”, maschili o femminili.
Antonio Caprarica “Tanto sesso, siamo inglesi!” (Sperling & kupfer, pagg. 222, euro 18,90)