Il dottor Zivago nelle mani delle spie, tutti i retroscena in un libro

Il dottor Zivago nelle mani delle spie, tutti i retroscena in un libro
di Giulia Aubry
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Giovedì 12 Giugno 2014, 16:01 - Ultimo aggiornamento: 14 Giugno, 17:51
C’ una storia dietro la storia della bella Lara e del dott. Zivago. Una storia che, per certi versi, è ancora più affascinante di quella scritta da Boris Pasternak. Una storia “romantica” di spie e di muri che non ci sono più, che narra di quella “guerra fredda culturale” che troppo spesso è passata in secondo piano rispetto alle vicende degli accordi, dei proclami politici e dei documenti ufficiali.



Una parte di questo “romanzo nel romanzo”, o meglio “intorno al romanzo”, viene narrata nel libro The Zhivago Affair: The Kremlin, the CIA, and the Battle over a Forbidden Book, scritto dal giornalista del Washington Post e già corrispondente da Mosca Peter Finn e dall’accademica Petra Couvée. Il libro verrà pubblicato negli Stati Uniti il prossimo 17 giugno, ma in Europa ne sono già stati anticipati i contenuti in un articolo sul quotidiano britannico The Guardian.



E in questa vicenda - che vede (secondo la ricostruzione di Finn) agenti del MI6, il servizio segreto britannico, fotografare le pagine del manoscritto originale per farlo uscire dall’allora Unione Sovietica e la CIA farlo rientrare, sotto forma di copie clandestine nel 1959 - c’è anche un pezzo di Italia. Come è noto il Dottor Zivago, infatti, venne pubblicato in esclusiva mondiale nel 1957 dalla casa editrice italiana Feltrinelli. Pasternak aveva infatti affidato il romanzo ad alcuni suoi contatti stranieri fidati, una volta resosi conto che le autorità sovietiche non ne avrebbero mai autorizzato la pubblicazione nel suo paese.



Nel maggio del 1956 lo stesso Feltrinelli prese un treno per raggiungere un villaggio appena fuori Mosca e incontrare il più grande poeta russo vivente. Ne ripartì portando con sé la copia originale del manoscritto del primo, e unico, romanzo di Pasternak. Boris Leonidovič glielo aveva consegnato con queste parole: “Questo è il Dottor Zivago. Possa cominciare il suo viaggio intorno al mondo”.



Ed è proprio dopo la sua pubblicazione in Italia che la storia di questo straordinario libro si trasforma in un affascinante romanzo di spionaggio. Contemporaneamente – o, più presumibilmente, subito dopo – la pubblicazione in Italia, infatti, americani e inglesi cercano di entrare in possesso del manoscritto originale che la CIA definisce nei suoi documenti – recentemente declassificati e su cui si basa il libro di Finn e della Couvée – come “una sfida fondamentale all’etica Sovietica della dottrina del sacrificio dell’individuo a favore del sistema”, l’elemento su cui era stata costruita l’intera società comunista nel paese. Il loro obiettivo non era solo quello di pubblicarlo in Europa o negli Stati Uniti, cosa che di fatto stava già avvenendo a partire dalla traduzione italiana di Feltrinelli, ma quello di stamparne copie in cirillico per farle rientrare nell’URSS. Un piano che stava talmente a cuore agli americani da avere un proprio nome in codice, AEDINOSAUR. E che rientrava nella più ampia azione di ciò che oggi, forse, si chiamerebbe soft power: minare il sistema sovietico rinforzando – come si legge nei documenti – “la predisposizione verso la libertà culturale e intellettuale, e l’insoddisfazione (sempre più diffusa in quegli anni n. d. a.) per la sua assenza”.



Colui che ha materialmente fornito la copia del manoscritto originale agli agenti del MI6 (nel libro di Finn si ipotizza che possa essere stato anche un italiano, forse il traduttore o lo stesso Feltrinelli, ma si tratta solo di supposizioni dell’autore senza alcun documento a sostegno), potrebbe averlo fatto senza conoscere ciò cui avrebbe realmente condotto il suo gesto. E, probabilmente, lo fece all’insaputa di Pasternak stesso che all’epoca, dopo aver scritto poemi in onore di Stalin e Lenin, stava vivendo – non diversamente dal “suo” Dottor Zivago – una profonda crisi di disaffezione nei confronti del potere di Mosca. A Washington, la CIA attraverso la Divisione clandestina per la Russia Sovietica, all’epoca controllata dal direttore dell’agenzia Allen Dulles – secondo quanto scritto nel libro – monitorava lo scrittore e le sue opere e aveva compreso il valore dell’opera, una “perfetta arma culturale” nel più ampio panorama della Guerra Fredda.



“Il libro – si legge ancora nei documenti così riportati da Finn – è il più importante di tutti quelli usciti sino a oggi dal blocco Sovietico (…) e ha un grosso valore propagandistico non solo per il suo messaggio intrinseco e la sua natura provocatoria, ma anche per le circostanze della sua pubblicazione (…) il fatto che il più grande scrittore russo vivente non sia riuscito a pubblicare nel proprio paese, porterà i cittadini sovietici a capire che c’è qualcosa di sbagliato nel loro governo”. Contemporaneamente, e dopo il successo dell’edizione italiana, si legge ancora nel libro, ci fu una spinta per pubblicare il Dottor Zivago in tutto il mondo, e in più lingue possibili.



Come scrive lo stesso Finn: “in un’epoca di terrorismo, droni e uccisioni mirate, la fiducia nel potere della letteratura di trasformare la società può sembrare qualcosa di appartenente a un tempo andato”. Un po’ come le note nostalgiche (chi non le ha mai sentite aprendo un carillon) del Tema di Lara nella trasposizione cinematografica che contribuì, non poco, a far sì che la storia raggiungesse una platea ancora più ampia. E di fronte a una tecnologia vissuta come sempre più pervasiva, invasiva della propria privacy e scarsamente romantica o priva di cuore, l’appello ai sentimenti è qualcosa che – anche in queste situazioni – non si può che rivalutare.
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