Il secondo e terzo giorno saranno dedicati a una campagna di scansione macro della Fluorescenza dei raggi X, a cura di "Emmebi diagnostica artistica" e “Ars Mensurae” con degli strumenti messi a punto nell’ambito del Progetto MU.S.A. (Multichannel Scanner for Artworks), in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Università Roma 3, La Sapienza Università di Roma - Dipartimento di Scienze di Base e Applicate per l'Ingegneria. Queste analisi forniscono immagini ad alta risoluzione degli elementi chimici presenti sul dipinto analizzandone i singoli punti. Questa analisi è in grado di offrire inedite possibilità di conoscenza sulla natura dei pigmenti, sulle tecniche pittoriche e sullo stato di conservazione delle opere.
Secondo la tradizione, la “Fornarina”, olio su tavola del 1520, raffigura l’amante e musa ispiratrice di Raffaello: Margherita Luti, figlia di un fornaio di Trastevere, da cui il soprannome.
Non si ha notizia di chi fosse il committente dell’opera e ciò potrebbe avvalorare l’ipotesi che Raffaello l’abbia dipinta per sé, negli ultimi anni della sua vita. Che si tratti o meno dell’amante di Raffaello, dietro questo volto imperfetto, dai tratti marcati, si nasconde una rappresentazione di Venere. La posa delle mani, una adagiata nel grembo, l’altra sul seno, segue il modello della “Venere pudica” della statuaria classica: un gesto di pudore che tuttavia orienta lo sguardo dell’osservatore proprio su ciò che si vorrebbe nascondere. Simboli della dea dell’amore sono anche il bracciale della donna su cui si legge “Raphael Urbinas”, firma dell’autore e pegno di vincolo amoroso, nonché, sullo sfondo, il cespuglio di mirto e il ramo di melo cotogno, simbolo di fertilità. Il quadro apparteneva già ai primi proprietari del palazzo, gli Sforza di Santafiora, e fu uno dei primi ad essere acquistato dai Barberini.
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