Brendan Fraser: «Il mio vero successo è stato chiedere aiuto. Il mio sogno? Vedere mio figlio autistico sempre più indipendente»

Parla il divo Usa, premiato all'Ischia Global Festival: «Ho passato momenti duri, ma ho avuto il coraggio di reagire. L'Oscar? Ancora non ci credo»

Brendan Fraser: «Il mio vero successo è stato chiedere aiuto. Il mio sogno? Vedere mio figlio autistico sempre più indipendente»
di Gloria Satta
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Venerdì 14 Luglio 2023, 06:19

ISCHIA - Ha fatto in tempo a ricevere dalle mani di Jim Sheridan e Trudie Styler il premio di attore dell'anno all'Ischia Global Fest, nel corso di una spettacolare serata hollywoodiana, poi è entrato in sciopero con i colleghi americani (vedi sopra). Brendan Fraser, Oscar 2023 per lo straziante ruolo dell'obeso in The Whale, è l'ospite d'onore al festival ideato e diretto da Pascal Vicedomini che dal 2003 porta ogni estate nel Golfo di Napoli lo star system internazionale. E sull'isola l'attore ha conquistato tutti con il suo metro e 90 di gentilezza, inattesa umiltà e quegli occhi azzurri innocenti in cui passano tutte le emozioni possibili. Anche in The Whale, il drammatico film di Darren Aronofsky che rappresenta la rinascita di Brandon dopo un periodo di oscurità: diventato una star alla fine degli anni '90 grazie al blockbuster La Mummia, negli ultimi anni l'attore aveva sofferto di una brutta depressione insorta dopo le accuse di molestie da lui lanciate contro l'ex presidente della Hollywood Foreign Press Association, Philip Berk. Ora, a 54 anni, tre figli molto amati e la compagna Jeanne Moore che lo segue dovunque, Fraser ha ripreso in mano carriera e futuro.

Dopo l'Oscar è cambiato tutto per lei?
«Non direi.

Mi considero la persona più fortunata che conosca e continuo a non credere di aver vinto, non me l'aspettavo proprio, devo darmi i pizzicotti... Sento semmai una grande responsabilità, voglio essere degno del premio».

Adesso è sommerso dai copioni?
«Mica tanto, a dire la verità... Sono diventato più selettivo, questo sì, e aspetto la proposta giusta».

Ma non ha girato il nuovo film di Scorsese "Killers of the Flower Moon" accanto a DeNiro e DiCaprio?
«Il regista mi aveva chiamato prima dell'Oscar ed essere diretto da lui, nella parte di un avvocato che difende il "mostro" DeNiro, per me è stato fantastico. Mi pareva di veder lavorare un artista rinascimentale».

Perché ha deciso di aderire allo sciopero degli attori?
«È il momento buono per cambiare il sistema, dare maggiori sicurezze a chi lavora nel cinema, condividere di più».

L'intelligenza artificiale è un serio pericolo per voi?
«Dipende dall'uso che se ne fa. Anche i cellulari, 30 anni fa, furono considerati diabolici. Ma senza la tecnologia 3D non avrei potuto interpretare The Whale nel ruolo di un uomo che pesa 250 chili... bisogna mettere dei paletti, tuttavia resto ottimista che una mediazione si troverà».

All'Oscar ha commosso tutti rivelando che il premio arrivava dopo momenti molto duri. Qual è stato il peggiore?
«Nessuno in particolare. Ho attraversato delle difficoltà, come capita a tutti, ma essendo un personaggio pubblico ho rischiato di venirne travolto. Non è successo, per fortuna, perché mi sono deciso a chiedere aiuto. Ho avuto coraggio».

Le sua sensibilità estrema può rappresentare un handicap nello spietato mondo di Hollywood?
«Io penso sempre a mio nonno, un medico condotto amato e rispettato che spesso veniva pagato con polli e uova. Mi ha insegnato che l'identità di una persona è indelebile. Io non posso essere diverso da quello che sono e ringrazio la mia famiglia per avermi inculcato il senso morale».

È possibile l'amicizia tra attori nell'ambiente del cinema, dominato dalla rivalità?
«Da giovane, quando studiavo recitazione, non facevo altro che tenere d'occhio gli altri attori. Poi ho capito che la competizione non ha senso, siamo tutti parte della stessa comunità dove ho degli amici come il grande Ian McKellen».

Cosa le ha insegnato il film di Aronofsky?
«L'importanza della riconciliazione: il mio personaggio, ormai sopraffatto dal suo handicap, trova il coraggio di dire alla figlia arrabbiata con lui cose che non le aveva mai detto. Il film è stata una splendida esperienza collettiva».

Ha un sogno?
«Vedere mio figlio ventenne Griffin Arthur, autistico, sempre più indipendente e circondato da persone che lo amano».

Il suo successo più grande?
«Tutti indicano The Whale, e io non posso negarlo. Ma considero un grandissimo risultato anche aver continuato a girare dei film e il fatto che siamo sopravvissuti al Covid».

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