“Maledetto Modigliani”, al cinema dal 12 al 14 ottobre il docufilm per i cento anni dalla morte dell'artista ribelle

"Nudo disteso" di Modigliani
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Martedì 28 Luglio 2020, 14:10
Solo tre giorni per l'artista ribelle, genio scandaloso e maestro indiscusso dell’arte del Novecento. In occasione delle celebrazioni per i cento anni dalla morte di Amedeo Modigliani (1884-1920), arriva al cinema il 12, 13 e 14 ottobre Maledetto Modigliani”, prodotto da 3D produzioni e Nexo Digital. Diretto da Valeria Parisi e scritto con Arianna Marelli, su soggetto di Didi Gnocchi, il docufilm racconta la vita e la produzione di Amedeo Modigliani, un artista d'avanguardia diventato un classico contemporaneo amato (e imitato) in tutto il mondo.

Livornese dalla vita breve e tormentata, Dedo o Modì, come fu soprannominato, viene qui narrato da un punto di vista originale: quello di Jeanne Hébuterne, l’ultima giovane compagna, che si suicidò due giorni dopo la morte dell’amato, avvenuta all’Hôpital de la Charité di Parigi il 24 gennaio del 1920. All’epoca Jeanne era incinta e lasciava una figlia di un anno. È proprio a partire dalla sua figura e dalla lettura di un passo dai “Canti di Maldoror”, il libro che l'artista teneva sempre con sé, che si apre il nuovo docufilm. Per comprendere Modigliani, quarto figlio di una famiglia di origini ebraiche sull’orlo di una crisi finanziaria, bisogna partire proprio dalla sua Livorno e da una provincia italiana che sin dagli albori gli è troppo stretta. Modigliani decide di partire e andare in cerca di altro. Va a Firenze, poi a Venezia. Arriva a Parigi nel 1906, a 21 anni. È qui che nasce la sua leggenda: tombeur de femmes, alcolista, artista maledetto. In realtà è un uomo che maschera una malattia e ha una verità da trasmettere: valori universali racchiusi nella semplicità di linee e volti che ne fanno uno dei maggiori esponenti di primo Novecento e un classico del XXI secolo.

Nel docufilm sono proprio i suoi dipinti ripresi in set dedicati, da “La Filette en Bleu” al ritratto di Jeanne Hébuterne, a parlarci. Giocando tra riprese della città di oggi e foto e filmati d’archivio in bianco e nero, la voce narrante di Jeanne racconta di quella Parigi di inizio secolo: la ville lumière, la metropoli, il centro della modernità, già mercato d’arte e polo d’attrazione per pittori e scultori da tutta Europa. Quelli che allora facevano la fame e oggi valgono milioni, primo fra tutti proprio Modigliani. Durante il suo errare da un alloggio di fortuna all’altro, Amedeo Modigliani, povero, affamato, ma pieno di entusiasmo, incontra un’aspirante poetessa russa, la ventenne Anna Achmatova, e la giornalista e femminista inglese Beatrice Hastings. Tutte donne che raffigura e i cui volti diventano icone stesse della sua arte. Il docufilm percorre le tracce dell’artista nei suoi luoghi più tipici: le strade, le piazze, il quartiere livornese della Venezia Nuova, la sinagoga, il mercato centrale, le montagne vicine e la campagna in cui aveva imparato il mestiere di pittore coi macchiaioli e dove trova poi materia per le sue statue, l’arenaria e il marmo. Scopriamo poi Modigliani nel confronto con le opere degli altri artisti a lui coevi, primi fra tutti Brancusi e Picasso raccontati attraverso opere e spazi.

Tra i pittori dell’École de Paris, c’è anche Soutine, ebreo come lui, con il quale per un periodo condivide una casa-studio ancora rimasta inalterata.
Ritroviamo Modigliani anche al caffè La Rotonde con Jean Cocteau che ne fissa per sempre la presenza sulla “terrace” insieme a Picasso, André Salmon e Max Jacob. Ci sono poi i suoi mercanti e collezionisti: Paul Alexandre, il medico mecenate; Paul Guillaume il dandy parvenu ritratto più volte; Léopold Zborowski, l’ultimo mercante dell’artista, un poeta avventuriero, capace – grazie alla conoscenza del collezionista Jonas Netter – di garantirgli un piccolo salario mensile. Modigliani, però, morirà povero e non riconosciuto. Solo in seguito diventerà uno degli artisti più quotati al mondo. 
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