Nel 1976 con Autoritratto di uno specchio convesso ha vinto ben tre riconoscimenti: il Premio Pulitzer, il National Book Award e il premio del National Book Critics Circle. L'opera si incentra sulla riflessione e il rispecchiamento e rappresenta un momento centrale di una ricerca che si basa sulla crisi della forma. L'aver vissuto molti anni in Francia lo ha sottoposto all'influenza del surrealismo di Raymnond Roussel.
È nata così la sua poesia dalle inattese combinazioni verbali, immagini di forte visionarietà, che lui stesso ha definito «istantanee» dei contenuti e dei processi mentali, con cui cerca di esprimere il flusso di una coscienza individuale che si confronta con la contingenza dei fenomeni e la realtà del mondo d'oggi. Conosciuto per la sua audacia e per il saper passare con noncuranza dall'oratoria pubblica alla chiacchierata da tutti i giorni, Ashbery si è imposto su tutta la sua generazione di poeti, fra i quali Richard Wilbur, WS Merwin e Adrienne Rich, ed è stato candidato per il Premio Nobel alla Letteratura.
Ashbery è considerato un genio enigmatico della poesia moderna, uno dei pochi a essere celebrati nel corso della loro vita: è stato il primo poeta vivente, infatti, ad avere un volume pubblicato dalla Library of America e dedicato esclusivamente al suo lavoro.
Ashbery era anche un traduttore e un critico rinomato: ha collaborato come critico d'arte per il The New York Herald-Tribune e Newsweek, ed è stato critico di poesie per Partisan Review.
Nel 1992 ha vinto il Premio Feltrinelli per la poesia internazionale ed era socio straniero dell'Accademia dei Lincei.
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