Luna, Velentini: «Basi sul satellite? Estrarremo materiali per minimizzare costi e impatto ambientale dei progetti»

Parla Luca Valentini, il professore di Geoscienze dell’Università di Padova che guida il Progetto Glams

Luna, Velentini: «Basi sul satellite? Estrarremo materiali per minimizzare costi e impatto ambientale dei progetti»
di Paolo Travisi
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Lunedì 4 Settembre 2023, 00:16 - Ultimo aggiornamento: 09:03

Il viaggio di ritorno sulla Luna dell’uomo, sarà il primo di una lunga serie, che segnerà una nuova fase dell’esplorazione spaziale. Dopo aver solcato gli oceani per scoprire terre lontane, ci stiamo preparando ad un’epoca nuova per l’umanità. Ed il satellite terrestre è destinato a diventare una seconda casa. Per questo il mondo della ricerca spaziale internazionale, tra cui l’Agenzia Spaziale Italiana, sta moltiplicando sforzi e risorse economiche per le future missioni lunari. «La Luna sarà la prima meta in cui l’uomo intende installarsi per trovare nuove materie prime, perché per le attività terrestri ogni anno, sono estratte 100 miliardi di tonnellate di materie prime che alimentano vari settori industriali - spiega Luca Valentini del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova, che coordina il Progetto Glams, che ha l’obiettivo di realizzare infrastrutture sfruttando il materiale ricavato dal suolo lunare - Entro il 2050, con questo ritmo di crescita demografica ed urbanistica, si arriverà al doppio, con un enorme impatto sul pianeta».

Dalla Luna che tipo di materie prime si potrebbero ricavare?

«La geologia lunare non è troppo differente da quella terrestre, soprattutto dalla crosta oceanica; per fare due esempi, rispetto alla Terra, le rocce lunari sono ricche di titanio, un metallo leggero che ha molte applicazioni, mentre la superficie di Marte è ricca di fosforo, elemento critico sulla Terra, molto importante per i fertilizzanti».

Queste strutture quali condizioni diverse dalla Terra dovranno sopportare?

«Anzitutto le forti escursioni termiche; sappiamo che il giorno lunare dura 29 giorni terrestri, in cui ci sono differenze termiche tra giorno e notte di circa 200 gradi e questo può causare danni alle strutture.

Il materiale, quindi, deve avere una bassa conducibilità termica; sulla luna c’è una ridotta gravità, quindi serve una minore resistenza alla compressione, ma allo stesso tempo può indurre la presenza di bolle d’aria ed eterogeneità durante il mescolamento. Inoltre sappiamo che la Luna ha una pressione atmosferica ridotta e questo comporta un continuo impatto micro-meteoritico, per cui il materiale deve essere resistente all’impatto ed all’abrasione.

I materiali che saranno usati, quindi non saranno gli stessi che usiamo sulla Terra?

«No, infatti il nostro progetto vuole realizzare un particolare tipo di cemento che è ottenuto dall’attivazione chimica del suolo lunare, la regolite, mediante l’aggiunta di specifiche soluzioni alcaline che rendono la polvere reattiva come nel comune cemento Portland, usato nella produzione terrestre».

E quali sono i vantaggi?

«Anzitutto viene minimizzata la quantità di materiale trasportato dalla Terra verso la Luna con grande risparmio economico e di carburante per alimentare i razzi; il secondo vantaggio è di tipo ambientale, perché il cemento Portland contribuisce all’incirca al 7% di emissioni di Co2 durante la produzione a livello globale. Usando il cemento frutto del progetto Glams, si ridurrebbero le emissioni di Co2 di circa il 50%».

Che tipo di studi avete condotto per proporre il progetto all’Asi?

«La mia attività di ricerca sono i materiali da costruzione dal punto di vista chimico-fisico. Negli ultimi 5 anni i miei studi si sono concentrati sulle materie prime reperibili in loco nel continente africano, da qui poi è nata l’idea dell’applicazione al contesto lunare. Inoltre ho preso parte ad uno studio preliminare con l’Esa, insieme ad un’università in Norvegia, per comprendere come usare la regolite nella stampa 3D per costruire ambienti abitabili sulla Luna».

Che tipo di tecnologia sarà integrata al cemento lunare?

«C’è un gruppo di ricerca all’Istituto di Chimica della Materia Condensata e di Tecnologie per l’Energia del CNR di Genova e la Wasp, azienda italiana leader nel settore della stampa 3D che sta lavorando all’applicazione di una rete di sensori, sviluppata dal gruppo di Carlo Bettanini e Giorgia Franchini del Dipartimento di Ingegneria Industriale che testeranno diverse tipologie di sensori installati all’interno degli elementi strutturali con cui saranno svolti dei test sull’impatto per rilevare le proprietà e l’effetto dei micro-meteoriti che colpiranno la struttura».

Che dimensioni possono avere questi micro-meteoriti?

«Da sub millimetrici, al millimetro o centimetro, si tratta di frammenti molto piccoli che quando giungono sulla Terra sono consumati dall’attrito con l’atmosfera, mentre sulla Luna in assenza di pressione atmosferica, pur essendo molto piccoli, a grande velocità, hanno un livello di energia elevato».

La fase sperimentale del materiale da costruzione come sarà realizzato in assenza della materia prima, la regolite?

«Useremo dei campioni simulanti, ovvero delle polveri che riproducono la composizione chimica e mineralogica della regolite. Ottenuta una formulazione soddisfacente, nella seconda fase sarà creato un materiale schiumato che una volta indurito avrà una struttura macro porosa con le qualità termiche adatte alla Luna».

Dopo questa fase sperimentare, cosa ne sarà del progetto Glams?

«Dopo la formulazione e lo schiumaggio, ci sarà la stampa 3D ed infine le fasi di up-scaling, cioè oltre il laboratorio, in cui stamperemo dei pannelli di 1/2 metri, prototipi che potrebbero essere usati in ambiente lunare. Dopodiché al termine dei 2 anni progettuali, potremmo pensare ad un secondo progetto per realizzare una struttura dimostrativa in ambiente terrestre».

Dalla Luna alla Terra, possibile?

«Generalmente tutte le ricerche rivolte allo spazio hanno ricadute per un uso terrestre, basti pensare alle reti Gps, ma l’auspicio è che i risultati del progetto possano contribuire a soddisfare le esigenze delle agenzie spaziali che prevedono, entro il prossimo decennio, di realizzare missioni finalizzate a costruire habitat lunari che ospitino insediamenti umani semi-permanenti».

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