Il protocollo è stato messo a punto a Padova dal professor Gino Gerosa, primario della Cardiochirurgia.
Era l’11 maggio quando il luminare ha fatto ripartire nel petto di un cardiopatico terminale il cuore prelevato poche ore prima da un giovane in arresto cardiaco da 20 minuti, aprendo frontiere impensabili.
E la medesima procedura, ma molto più articolata in quanto ha interessato un numero maggiore di organi, l’8 giugno è stata replicata ancora in Veneto, con una novità: le equipe chirurgiche dell’azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona sono riuscite, con un’impresa fino ad allora ritenuta impossibile, a espiantare contemporaneamente cuore, polmoni, reni e fegato da un donatore di 29 anni il cui cuore aveva smesso di battere da oltre 40 minuti.
IL PRIMATO
L’intervento cardiaco è stato eseguito da Giovanni Battista Luciani, direttore della sezione di Cardiochirurgia dell’Ateneo, mentre quelli epatico e renale sono stati fatti in due ulteriori sale operatorie del Polo chirurgico Confortini.
LA TECNOLOGIA
«La donazione “a cuore fermo”, è diversa da quella che fa seguito alla “morte cerebrale”- ha spiegato Luciani -. In quest’ultimo caso tutti gli organi rimangono normalmente perfusi ed ossigenati, poiché il cuore funziona ed i polmoni sono ventilati meccanicamente. Nella morte per causa cardiaca, invece, il decesso, secondo la legge italiana, viene dichiarato dopo 20 minuti di registrazione di arresto cardiaco. In tale eventualità, tutti gli organi, ma soprattutto il cuore, possono soffrire per la mancata perfusione ed ossigenazione. Proprio per questo il risultato è così straordinario». A collaborare con la sua sono state quattro équipe, guidate da Amedeo Carraro (Trapianti epatici), Mauro Schiavon (Chirurgia toracica), Leonardo Gottin (Anestesia e Terapia Intensiva) e Marilena Casartelli Liviero (Coordinamento trapianti). La prima esperienza nel capoluogo del Santo era arrivata al termine di una “maratona” di 12 ore tra le sale operatorie di Padova e Treviso, che ha visto lavorare Gerosa e la sua équipe con il dottor Paolo Zanatta, direttore dell’UOC di Anestesia e Rianimazione dell’Ulss trevigiana. L’uomo su cui è stato impiantato il cuore ricondizionato ha 46 anni e sta bene; il donatore aveva tutti i requisiti di compatibilità con lui, compresi età e peso: circa 100 chili. «Questo nuovo scenario - ha evidenziato Gerosa - fa aumentare del 30% la disponibilità di organi. L’innovazione in Medicina si basa sull’esperienza, la creatività e il coraggio, ma governati dall’etica finalizzata a portare un beneficio al paziente. Dopo un’ischemia di 40 minuti lo abbiamo iperfuso utilizzando la circolazione extracorporea, e poi dopo averlo riperfuso per altre 2 ore, abbiamo valutato la sua funzione di pompa e siccome era soddisfacente, l’abbiamo prelevato. La soddisfazione è immensa e l’organo che abbiamo utilizzato si sta comportando come un cuore di eccellente fattura».
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