Il Long Covid nuova emergenza: fame d'aria, aritmie, stanchezza. «C'è chi sta male da tre anni»

L’Oms stima che il 20% di coloro che sono stati positivi al coronavirus sviluppi la malattia

Il Long Covid nuova emergenza: fame d'aria, aritmie, stanchezza. «C'è chi sta male da tre anni»
di Valentina Arcovio
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Giovedì 13 Aprile 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 07:45

C'è chi era abituato a correre tutti i giorni per 20 chilometri e che ora non riesce a salire neanche una piccola rampa di scale.

E c’è chi andava ogni mattina al lavoro in bicicletta, mentre ora fatica addirittura ad alzarsi dal letto. C’è poi chi adorava la primavera con i suoi fiori e che ora il loro profumo può solo immaginarlo. E c’è chi era una scheggia a fare i cruciverba e che oggi non riesce a risolvere neanche un elementare rompicapo. Ci sono tantissime persone che dopo essersi imbattute con Covid-19 non sono più riuscite a riprendersi completamente. Sono le vittime del Long Covid, quella sindrome post-infezione di cui ancora oggi non conosciamo bene le cause e contro la quale non esiste un trattamento specifico. L’Organizzazione mondiale della sanità stima che ben il 20% di coloro che sono stati positivi al Covid-19 sviluppi poi il Long Covid, definita come una condizione legata a oltre 200 tra disturbi e sintomi diversi che persistono o insorgono dopo più di 4 settimane dall’infezione acuta.

L’ESPERIENZA

«Nella maggior parte dei casi si guarisce dopo qualche mese, ma ci sono pazienti che anche a distanza di 3 anni continuano a stare male», racconta Matteo Tosato, responsabile dell’Unità operativa Day Hospital post-Covid, Fondazione Policlinico Gemelli Irccs di Roma, nata il 21 aprile del 2020, nei mesi più duri della pandemia. «Al nostro ambulatorio arrivano pazienti che sono stati contagiati nella prima ondata Covid, nel 2020, e che ancora non riescono a riprendersi definitivamente», aggiunge. «Anche a noi capita di vedere molti pazienti “resistenti”, cioè persone che sono anni che trascinano sintomi e disturbi legati al Covid», spiega Patrizia Rovere Querini, immunologa e direttrice del Programma strategico per lo sviluppo del progetto Integrazione Ospedale-Territorio dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano. «Non abbiamo stime precise di quanti siano i pazienti con Long Covid e né tantomeno quanti siano i pazienti poi effettivamente guariti da questa condizione – aggiunge – Sappiamo solo che ci sono persone che da questa sindrome post-infezione non sono uscite e non sappiamo se e quando ce la faranno». Una stima molto approssimativa indica che in Italia le persone con Long Covid siano oltre un milione. I sintomi sono tantissimi, ma i più comuni sono fatica persistente, stanchezza, debolezza, dolori muscolari e articolari, mancanza di appetito. I sintomi specifici si manifestano in particolare a livello respiratorio, cardiovascolare, neurologico, gastrointestinale e psicologico. Ad esempio: fame d’aria (dispnea), tosse persistente; dolore al petto e senso di oppressione, tachicardia e palpitazioni, aritmie, variazioni della pressione arteriosa, ma anche pericarditi e miocarditi; mal di testa, difficoltà di concentrazione e memoria (la cosiddetta nebbia mentale o “brain fog”); disturbi dell’olfatto, del gusto, dell’udito; nausea, vomito, perdita di appetito, dolori addominali, diarrea, reflusso gastroesofageo; disturbi del sonno, depressione del tono dell’umore (tristezza, irritabilità, insofferenza, mancanza di interesse nei confronti di attività che prima piacevano), ansia, stress, psicosi. Insomma siamo di fronte a un mosaico di disturbi, che non sempre è facile ricondurre al Long Covid.

LA DIAGNOSI

«Non esiste uno strumento diagnostico oggettivo – dice Rovere Querini – La diagnosi è quindi clinica e al momento si basa sull’osservazione e sul racconto dei pazienti che, non di rado, arrivano da noi dopo aver consultato diversi specialisti». Il Long Covid persistente tende a essere più frequente nei giovani adulti. «La fascia d’età più colpita è quella che va dai 40 ai 60 anni», riferisce Tosato. «In alcuni casi l’infezione acuta è stata lieve, in altri severa. A volte i sintomi hanno iniziato a manifestarsi anche dopo diverse settimane dalla guarigione dall’infezione acuta», aggiunge. Attualmente sono in corso diversi studi nel mondo sul Long Covid che hanno l’obiettivo di comprendere le cause della sindrome, di individuare eventuali biomarcatori per diagnosi oggettive e di sviluppare trattamenti specifici efficaci nella prevenzione e nella cura della malattia. Al momento sono pochissime le armi a disposizione. Un recente studio americano ha scoperto che la metformina, un vecchio farmaco anti-diabetico, ha ridotto del 42% il rischio che una persona sviluppi il Long Covid. Alcuni studi hanno invece dimostrato che un cocktail di arginina e vitamina C è in grado di migliorare alcuni sintomi, tra cui la fatigue, l’insonnia e i disturbi gastrici. «Tutto questo non basta», sottolinea Rovere Querini. «Siamo di fronte a una nuova emergenza, di cui abbiamo appena iniziato a scorgere le dimensioni», conclude.

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