Tumore seno, un test genomico chiamato Oncotype, disponibile ma ancora poco usato in Italia, permette sempre più di personalizzare le cure in fase iniziale, infatti è in grado di identificare oltre l'80% delle donne che non avrà un beneficio sostanziale dalla chemioterapia, individuando invece le pazienti a cui la chemioterapia può salvare la vita. È quanto ha evidenziato l'aggiornamento di TAILORx, il più ampio studio sul carcinoma mammario, presentato al San Antonio Breast Cancer Symposium.
Tumore seno, il test del dna
Attualmente Oncotype DX è riconosciuto come standard di cura e il suo utilizzo è incluso in tutte le più importanti linee guida internazionali sul tumore del seno, spiega Giuseppe Curigliano, dell'Università di Milano e Istituto Europeo di Oncologia di Milano. Il test esamina l'attività di 21 geni su un campione di tessuto tumorale. «Tramite la valutazione - spiega - possiamo stabilire sia la probabilità di recidiva, sia la risposta alla chemio, un trattamento ancora molto temuto dalla maggioranza delle pazienti». I test sono un ausilio cruciale per limitare l'uso della chemio solo a chi ne trarrà un beneficio clinico.
Il deterioramento cognitivo
In questo modo si limiteranno anche effetti indesiderati come il deterioramento cognitivo o i più noti come l'alopecia e la menopausa. «Il deterioramento cognitivo è un effetto abbastanza diffuso ma meno noto - sottolinea Francesco Cognetti, Presidente della Confederazione Oncologi, Cardiologi, Ematologi e professore di Oncologia all'Università UniCamillus di Roma -. Si calcola che possa interessare fino al 60% delle donne in trattamento chemioterapico per un tumore della mammella. I deficit cognitivi sono un problema da non sottovalutare perché possono peggiorare, in modo significativo, la qualità di vita». «Il nostro Paese è arrivato in ritardo all'utilizzo dei test - sottolineano Curigliano e Cognetti - . Sebbene da diversi mesi disponibili gratuitamente per tutte le pazienti italiane, registriamo ancora uno scarso uso da parte del personale medico-sanitario. Al momento stiamo utilizzando solo il 50% dei test disponibili, mentre in Italia oltre 10mila donne potrebbero beneficiarne, pari a circa un quinto di tutti i nuovi casi di carcinoma mammario».
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