Parioli/Trieste/S.Lorenzo Fascino, minicar e movida nella piccola Berlino romana
Oggi in edicola con il Messaggero il reportage nel Secondo

Parioli/Trieste/S.Lorenzo Fascino, minicar e movida nella piccola Berlino romana Oggi in edicola con il Messaggero il reportage nel Secondo
di Simone Canettieri
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Sabato 22 Aprile 2017, 01:33 - Ultimo aggiornamento: 23 Aprile, 19:23
I cani, per esempio. La repubblica indipendente del II municipio - fortezza Bastiani della borghesia dove non passò il M5S alle comunali e ha vinto il sì Referendum a dicembre - può avere il pelo ruvido dei bassotti, gli occhietti dei beagle o l’eleganza dei terrier quando si incrociano tra i pini dei Parioli, intenti a portare a spasso i domestici.

Sono i curatissimi quadrupedi i nemici delle minicar, marchio di fabbrica della futura classe dirigente (spesso biondissima) in questo pezzo di Roma che vive di solitaria luce riflessa. Ma visto che qui c’è un Ovest e un Est tipo Berlino (a simboleggiare le diverse gradazione della sinistra e della popolazione), si possono anche incontrare altri cani. Neri e non per forza guinzagliati a spasso per San Lorenzo, dove i fermenti del ‘70 si sono trasformati, in buona parte, in fermenti alcolici. Di notte tra le luci da presepe che baluginano dai mini-market dei «bangla» (ex ciabattini, ex forni, ex macellerie), essenziali per i pieni di benzina: birre a 1 euro. 

Via dei Volsci, Radio Onda Rossa, le assemblee di Autonomia operaia quarant’anni dopo hanno lasciato in eredità al quartiere dei bombardamenti (rimangono i palazzi «smozzicati», mai più ricostruiti) centri sociali e spazi occupati. Ce ne sono sette - dal Grande cocomero al cinema Palazzo - e da qualche giorno hanno tirato un sospiro di sollievo grazie a una sentenza del Tar: non devono essere sgomberati, ed è giusto che paghino, quando pagano, poco al Comune. «Noi sanlorenzini siamo sempre meno: i vecchi negozi hanno chiuso, se prendi la macchina di notte devi prima chiedere allo spacciatore africano di togliere la droga che ha nascosto sotto al tuo paraurti», raccontano dal bar Marani, bancone e pareti che gridano ora e sempre resistenza. 

Un’aria da “mezza porzione” si respira ai Colli emiliani, dal ‘68 seconda casa della famiglia D’Amato, con Giuseppe e Teresa ancora svelti a destreggiarsi tra cicorie («La ripassiamo?») e abbacchi. «Universitari e professori: i nostra clienti», dicono i titolari davanti alle tovaglie a quadri rossi. Di San Lorenzo è la presidente di questo municipio «de-grillizzato», Francesca Del Bello, già segretaria della sezione Pd della zona. Un posto da vedere: di venerdì mattina la casa dem è chiusa (insegna presa a sassate) ma a fianco, quella di Sinistra Anticapitalista (il micro partito dell’ex senatore Turigliatto, uno dei “killer” del governo Prodi) la rivoluzione va che è una bellezza. Prima questi locali erano un’unica sede del Pci, poi tra mutazioni botaniche e scissioni si è arrivati all’erezione del muro. Quelli di Sinistra Anticapitalista si sono presi le maniglie d’epoca della vecchia sede inaugurata da Togliatti «con i nostri vicini - raccontano - abbiamo buoni rapporti, ma rimangono nemici di classe». La mini-sindaca Del Bello: «La differenza con i Parioli? Lì i cittadini sono molto attivi per la cura del territorio, si autorganizzano, qui si lamentano troppo».

I PALAZZI 
E allora via: scavallare piazza Bologna, superare la Sapienza, il Policlinico e ritornare nel placido Ovest delineato dal Checkpoint Charlie, ovvero la Nomentana. Parioli e Trieste fino al quartiere Africano, oasi, nonostante Roma. E poi il Flaminio del sogno cultural veltroniano di via Guido Reni e l’Auditorium, con una puntata al Villaggio Olimpico. In mezzo le ville: Borghese, Ada e Torlonia, polmoni verdi con ansie da degrado.

Forse per capire perché da queste parti non abbiano ascoltato la sirena Virginia (Raggi) bisogna seguire i soldi e non la pancia: nel II municipio c’è il reddito pro-capite più alto della Capitale (41mila euro). Quartieri residenziali per antonomasia, già neri, poi azzurri e ora renziani. Fascino e stile. Scuole cattoliche (Il Leone Magno, pretesto generazionale di Edoardo Albinati) e Giulio Cesare, il liceo di Tullio De Mauro cantato da Antonello Venditti, la Luiss. La nostalgia per gli anni ‘70, come raccontano dal chioschetto la Casina, rimane. Ma la sicurezza di certi palazzi stile inglese e il clima magico di Coppedè (mix di Liberty, Art Deco, barocco e medievale) rendono tutto più ovattato. Lasciando all’Est problemi a piede libero, come il prossimo centro per i migranti che nascerà al Ferrhotel, davanti ai vetri ambiziosi della berlinese stazione Tiburtina.

(7-continua)
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