Anziani e food, alla ricerca della Roma perduta: la guerra di sopravvivenza del I municipio

Anziani e food, alla ricerca della Roma perduta: la guerra di sopravvivenza del I municipio
di Simone Canettieri
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Sabato 10 Giugno 2017, 14:07 - Ultimo aggiornamento: 11 Giugno, 00:22
Quella Roma. «Borghese, fascistoide, del “volemose bene e annamo avanti”, delle pizzerie, delle latterie, dei “Sali e Tabacchi”, degli “Erbaggi e Frutta”, quella dei castagnacci, dei maritozzi con la panna, senza panna, dei mostaccioli e caramelle, dei supplì, dei lupini, delle mosciarelle». Remo Remotti, nella magistrale “Mamma Roma addio”, cantava, anzi affrescava, quel pezzo di città, viva e brulicante, che si nascondeva tra Fontana di Trevi e il Colosseo. Tra i vicoli del Pantheon e i palazzi umbertini di piazza Vittorio, nell’ombra di Prati o dietro il mercato di Testaccio. Un’anima che non c’è più. Troppo facile prendersela con la globalizzazione o con l’invasione dei turisti ciabattati. 
Per raccontare il I municipio, quello del centro storico composto da 21 rioni, bisogna partire da due dati semplici e ineludibili: qui abita la popolazione più vecchia della Capitale (gli under 65 sono oltre il 23%), qui le botteghe storiche hanno ceduto il passo pezzo dopo pezzo. Su 5mila attività, 3.200 hanno chiuso i battenti per poi riaprire con altre vocazioni, così diverse e multietniche, da quelle originarie. Kebab e gelati gommosi al posto dei rigattieri, negozi di food a buon mercato che occupano le insegne gloriose di latterie e vinerie. 

LA GIUNTA 
Il I municipio, 186mila abitanti spalmati in quasi 20 chilometri quadrati, soffre il clima. E quindi è a rischio desertificazione dei residenti (processo iniziato negli anni ‘70). Quelli che ci sono però sono nettamente in controtendenza al resto della città votata al grillismo, anche se nell’immaginario collettivo di chi viene da Firenze o da Tokyo, questa, quella del centro storico, è Roma. E basta. Perché qui si fanno le foto, qui si dorme negli hotel e qui si mangia. Non è un caso dunque se dopo i Parioli, il reddito pro capite più alto si trovi tra i privilegiati e in un certo modo autoreclusi residenti. Gli stessi che hanno eletto un mini-sindaco del Pd, e per di più non renziano, come Sabrina Alfonsi, e che votarono «sì» al referendum costituzionale voluto da Renzi. E questa ormai è quasi storia, la cronaca di questa enorme porzione di romanità che lambisce un altro Stato, quello Vaticano, è fatta ormai da una lenta e lunga lotta di resistenza. Tra amarcord e futuro. Tra le foto del nostro Rino Barillari di una via Veneto che fu e una vita agra fatta in gran parte di denunce. Da una parte l’invasione dei 14 milioni di turisti l’anno, dall’altra gli scarsi anticorpi delle amministrazioni che si susseguono e che non riescono a gestire il fenomeno. Ma lo subiscono.

LE REGOLE 
E allora ecco, fioriscono strette e regolamenti contro i pittori di strada a piazza Navona, i tuffatori selvaggi nelle fontane, gli artisti di strada fracassoni, i tavolini selvaggi, la proliferazione dei mini-market che vendono alcol di infima qualità a tutte le ore del giorno e della notte, gli abusivi con i bastoncini per i selfie davanti al Colosseo, i risciò ritornati a scorrazzare, le carrozzelle trainate dai cavalli sotto il sole, che poi magari lasciano i bisogni davanti al Pantheon e se ne vanno. E i vigili? Sono sempre troppo pochi e pronti a lanciare una nuova task-force. Una corsa continua alla regole ora che le regole sono saltate nel centro storico tutelato dall’Unesco, d’altronde è l’Urbe studiata nei libri, quella del parco archeologico, sentenze del Tar a parte, più grande del mondo. Breve ripassino. Il nucleo antico del municipio è costituito dagli storici sette colli: Palatino, Aventino, Campidoglio, Quirinale, Viminale, Esquilino e Celio, a cui si aggiungono il Gianicolo e il Pincio, oltre ai rilievi artificiali di Monte Testaccio e Monte Giordano. Lungo il Tevere sorge l’Isola Tiberina. In questo caos organizzato ed eterno, tra anziani residenti che caracollano sotto i colpi del primo caldo e orde di giapponesi con l’ombrellino in una mano e il cellulare nell’altra, ecco il turismo. 

I RIONI E LE SCOMMESSE
Il Comune “guadagna” ogni anno dalla tassa di soggiorno 120 milioni di euro; se a questi soldi si aggiungessero altri 30 milioni di quelli che dovrebbero entrare sarebbero 150. E’ un ginepraio di strutture abusive per non parlare poi della vexata quaestio delle case per ferie gestite dagli istituti religiosi. Rione che vai, problema che incontri. Le notti di Monti, uno dei pochi quartieri che alzando i prezzi della movida mantiene ancora sprazzi di qualità, parlano a certi tramonti complessi dell’Esquilino, che quando il sole si trova a fare i conti con la notte tira fuori le controversie di comunità straniere non integrate che si aggiungono ai riverberi di umanità che provengono dalla stazione Termini. Paolo Sorrentino, il regista della Grande Bellezza (film manifesto), e non solo, ne ha fatta una battaglia di civiltà con il suo «urletto di dolore». Che forse in fin dei conti non è diverso da quello del tridente storico (piazza del Popolo, piazza Venezia, Colosseo, via dei Fori Imperiali, piazza di Spagna) o da quello di Trastevere, altro luogo dell’anima in cerca di bussola. Insomma, si oscilla di qua e di là, si mettono in fila i problemi e le eterne sfide della città eterna (come la famosa idea che va avanti di cinquant’anni di spostare i Palazzi del potere, i ministeri e i loro colletti, fuori dal centro) ma poi per sbaglio si può finire seduti sui tavolini verdi di plastica anni ‘70 del chiosco di Nunzia (sempre affiancata dall’instancabile Mustafà). L’ombra, il Colosseo sullo sfondo e il commento della barista: «Qui si paga solo il caffè, perché se ci dovessi mettere anche il prezzo della vista, nessuno si potrebbe permettere di mettersi seduto, nemmeno uno sceicco». 
 
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