Roma si ricorda dei politici ma dimentica i suoi poeti

Roma si ricorda dei politici ma dimentica i suoi poeti
di Pietro Piovani
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Lunedì 16 Luglio 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 05:28
Il 17 luglio del 2013 Vincenzo Cerami se ne andava via. Cinque anni dopo, la sua città non gli ha neanche dedicato una strada, anzi non ha neanche ipotizzato di dedicargliela. A Roma evidentemente interessa di più ricordare vecchi politici discussi che non i poeti, e anche quelli che vengono onorati con il nome di una via ricevono un trattamento quasi offensivo: per fare un esempio, al grande Giorgio Caproni (cittadino romano per buona parte della sua vita) è intitolato uno spiazzo scalcinato, un parcheggio in un quartiere dell’estrema periferia, un posto talmente anonimo e nascosto che persino Google Maps lo ignora.

Va detto che il meno interessato alla questione sarebbe proprio Cerami. Ce lo ha spiegato in una delle sue ultime poesie, scritta quando ormai sapeva di essere vicino alla partenza: di fronte a un monumento, una delle mille statue che celebrano eroi armati di chissà quale epoca dimenticata, il poeta si dichiara indifferente: “Continuo a pensare/ - non so tu -/ che le uniche celebrazioni/ dovrebbero essere consacrate/ solo a ciò che si muove./ Che so, alle stelle, ai corpi che camminano,/ agli uccelli che volano/ ai pesci che respirano anche nell’acqua./ A quel piccione che sosta sulla spada di gesso.” Il monumento a Cerami sono i vivi. È la gente di Roma, che lui ha saputo raccontare come nessun altro.

(Nella foto: Vincenzo Cerami, poeta, romanziere, drammaturgo e sceneggiatore)

pietro.piovani@ilmessaggero.it
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