«Una cosa così non la puoi fare dal giorno alla notte, se la sono studiata perbene altroché». Fuma una sigaretta sotto la pioggia Stefano, il titolare dell'autofficina dentro cui lunedì mattina un suo "collaboratore" è stato gambizzato. «Walter lo conosco da quando aveva 13 anni - prosegue - per molto tempo ha avuto una sua attività proprio di fronte alla mia, è un bravissimo meccanico».
Certo, auto e motori: con queste Walter Garofolo, classe 1968, è cresciuto in quel della Magliana salvo poi ritrovarsi quindici anni fa al centro di un'inchiesta per traffico internazionale di stupefacenti fra la Spagna e l'Italia che cubava 152,100 chili di hashish poi sequestrati a uno dei "soci" mentre l'uomo, a bordo di una Wolkswagen Passat di colore grigio, percorreva un tratto dell'A24.
LA PERQUISIZIONE
Nell'appartamento, che Garofolo condivide con la sorella, è stata eseguita una perquisizione. Diversi gli elementi che potrebbero tornare utili a spiegare il movente della gambizzazione. Per le modalità con cui si è consumato l'agguato, quello che resta scritto sull'asfalto al civico 47 di via Pian Due Torri è "avvertimento". Se quel gruppo composto da tre persone l'avesse voluto uccidere, avrebbe semplicemente mirato più in alto. Garofolo alle 9.15 di lunedì è stato colpito sull'uscio e nell'autofficina, oltre al cane, non c'era nessuno. Colpirlo alla testa o al torace sarebbe stato facile e invece no, due proiettili di una calibro 7.65 lo hanno raggiunto all'interno coscia.
Dati per assodati i rapporti intercorsi con Simone Capogna, dopo l'arresto di quest'ultimo e del fratello, potrebbero essere rimaste delle "pendenze" ma è improbabile che la gambizzazione sia avvenuta per la collaborazione con la giustizia che proprio i fratelli Capogna hanno da mesi intrapreso. Bisogna poi ricordare chi è che gestisce da una posizione privilegiata parte dello spaccio proprio a Magliana e da lì forse scendere in un sistema che pure con l'arresto di Ugo Di Giovanni, accusato di essere il mandante dell'omicidio di Andrea Gioacchini, non si è (ovviamente) interrotto. «Erano professionisti - conclude Stefano - perché quando ho aperto intorno alle 7.30, ho visto quella panda nera che passava con tre persone a bordo e mi hanno colpito perché avevano guanti neri in lattice alle mani, mascherine sul volto e cappucci di felpa tirati su». Poi il titolare va a fare una consegna e Garofolo, rimasto solo, finisce in terra. Non lo volevano ammazzare ma avvertire. E pochi sono i motivi per cui qualcuno ti dà un avvertimento.