Tolfa, anziana uccisa in casa per 50 euro: fermato il figlio della badante della donna

Tolfa, anziana uccisa in casa per 50 euro: fermato il figlio della badante della donna
di Stefano Pettinari
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Domenica 27 Ottobre 2019, 09:48 - Ultimo aggiornamento: 09:50

Morire per meno di 50 euro. È finita così la vita di Diva Compagnucci, ex maestra elementare di Tolfa novantunenne ma ancora lucida e in buona salute. È stata assassinata in casa sua, al civico 35 di viale Italia a Tolfa. A ucciderla, probabilmente, è stato il ventiquattrenne Sergej Malaj, origini albanesi ma da una vita residente nel paese collinare 70 chilometri a nord di Roma e a 20 da Civitavecchia. Il giovane è il figlio della colf della donna. Vittima e presunto carnefice si conoscevano bene, da tanti anni, quando Sergej - tutti a Tolfa lo chiamano Sergio era ancora un ragazzino.

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I SOLDI DEL PARRUCCHIERE
L'omicidio si è consumato venerdì pomeriggio, intorno alle 16,30, quando Malaj, probabilmente in preda ai fumi dell'alcol, si è presentato a casa dell'anziana. Voleva dei soldi. Diva Compagnucci aveva con sé poco meno di 50 euro, che avrebbe dovuto utilizzare per andare dal parrucchiere. La sera infatti doveva andare a vedere uno spettacolo al teatro Claudio, che è proprio di fronte alla sua abitazione. Ma il ventiquattrenne voleva di più. Secondo gli inquirenti avrebbe colpito più volte al volto la donna, con pugni violentissimi. Fino a quando l'ex maestra non è caduta con la faccia contro la parete della cucina, vicino al frigorifero. Poi l'assassino ha messo a soqquadro la camera da letto in cerca di altro denaro. Non ha trovato nulla e se ne è andato.
La prima a dare l'allarme è stata la figlia della novantunenne, una volta arrivata a casa della madre intorno alle 20. La porta chiusa, le luci spente, la donna che non risponde ai ripetuti squilli al campanello. Data l'età avanzata di Diva Compagnucci, la figlia teme si sia sentita male e chiama il 118. Ed è il personale dell'ambulanza che, una volta forzata la porta di casa, trova l'anziana esanime e in una pozza di sangue. Vengono allertati i carabinieri.
I militari della compagnia di Civitavecchia mettono subito sotto sequestro l'appartamento al secondo piano. Per tutta la notte si cerca di capire chi possa essere stato a commettere un delitto tanto efferato. Vengono ascoltate varie persone, tra i parenti della vittima e i vicini di casa, nella speranza che qualcuno possa aver sentito o visto qualcosa di utile. Alla fine spunta un testimone, che dice di aver visto un ragazzo, sui 20-25 anni, uscire dalla casa della Compagnucci nel pomeriggio. Lo descrive e racconta un particolare che alla fine sarà determinante per risalire a Sergej Malaj. «Aveva delle macchie in testa, come se in quei punti non gli crescessero più i capelli», dice ai carabinieri. La descrizione corrisponde a quella di Malaj, che in effetti soffre di alopecia. Intanto i militari dell'Arma eseguono una serie di rilievi. Notano delle orme sul pavimento. Inizia la caccia all'uomo, anche con l'ausilio di un elicottero.

IL SANGUE
All'alba di ieri arrivano in casa del giovane, che vive a Tolfa con i genitori. Trovano dei pantaloni sporchi di sangue dentro la lavatrice. Trovano le scarpe, la cui forma delle suole e le dimensioni sono perfettamente compatibili con le orme rinvenute sul pavimento della casa della Compagnucci. A quel punto gli indizi cominciano a essere parecchi, quindi prelevano il ventiquattrenne e lo portano nella caserma di Civitavecchia. Lì inizia un lunghissimo interrogatorio, condotto direttamente dal pubblico ministero Mirko Piloni, titolare dell'indagine. Magistrato e inquirenti lo incalzano con le domande, gli fanno capire che ci sono molti, troppi elementi che lo individuano come l'omicida. Ma lui, assistito dal suo legale, l'avvocato Andrea Romani, nega tutto. «Non sono stato io, non l'ho ammazzata io», continua a ripetere. L'interrogatorio si chiude alle 18,30, quando il pm decide per il fermo del ventiquattrenne e lo spedisce in carcere. Sarà il gip del tribunale di Civitavecchia ora a decidere, probabilmente già domani, se convalidare o meno il fermo o scegliere una misura cautelare diversa.
 

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