Coronavirus, le piazze di Roma si svuotano: «Spariti anche i romani»

Coronavirus, le piazze di Roma si svuotano: «Spariti anche i romani»
di Camilla Mozzetti​
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Martedì 3 Marzo 2020, 10:06 - Ultimo aggiornamento: 20:42

Silenziosa quasi in modo innaturale in un normale lunedì lavorativo, Roma smette di far rumore. In strada l’udito percepisce le gocce della pioggia che cadono sugli ombrelli mentre i sampietrini del centro amplificano, in assenza di contrasti, il suono dei tacchi dei pochi passanti. Non è solo per il maltempo, ingeneroso dopo un anticipo di primavera che aveva fatto sperare. Roma resta nascosta, si chiude, quasi a cercare una protezione verso quel virus che dal Nord Italia è arrivato anche qui: 10 persone tra asintomatici, ricoverati, o blindati nelle caserme - come quella dei vigili del fuoco di Capannelle - sono risultati positivi ai test sul Covid-19. Nessuno se lo aspettava ma di certo benché il numero dei contagi sia bassissimo rispetto alla popolazione residente (parliamo di quasi 3 milioni di persone) le attività commerciali, i ristoranti, i bar, i locali si svuotano. Sconsolati e affranti camerieri e commessi guardano fuori dalle vetrine. Chi per trascorrere il tempo passa due volte l’aspirapolvere tra i manichini, chi lucida i bicchieri da dietro i banconi. «Non sono mai stati così brillanti», scherza un barista di via del Babuino provando a smorzare la tensione. È una parabola discendente quella del settore commerciale e della ristorazione «con aziende e multinazionali anche italiane - spiega il ragioniere di un ristorante di piazza Farnese - che hanno cancellato prenotazioni per decine di persone causa coronavirus».

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In via Mario de’ Fiori - pieno Centro - Giulia alla cassa di un noto ristorante che quest’anno spegnerà la 72esima candelina racconta: «Gli incassi sono scesi del 75%, abbiamo anche deciso di restare chiusi la domenica sera perché il movimento è fermo, tra l’altro a marzo avevamo tre prenotazioni per feste di laurea che sono state tutte cancellate». Da via delle Carrozze a via Belsiana, da via Frattina a via del Corso: i negozi sono quasi tutti deserti. Giorgia Savi, titolare di un pastificio in via della Croce che prepara primi da asporto, trova il tempo di ricordare i tempi che furono perché fila alla cassa non ce n’è, quelli in cui «qui entrava Giulietta Masina e comprava la pasta per Fellini che tanto gli piaceva, come va? Che le devo dire, va male». Basta contare la pasta che viene preparata ogni giorno: da cento chili si è scesi a 30 in un attimo. E non va meglio per quelle realtà che insistono sempre nel Centro e che sono abbracciate dai palazzi delle istituzioni. In via del Vicario Giovanna, titolare di una storica gelateria, alle 18 di lunedì pomeriggio è a casa: «Questo la dice lunga sulla situazione che viviamo», spiega. Una domenica come quella appena trascorsa non l’aveva mai vissuta, il «locale era pressoché vuoto ed è vero che c’era la domenica ecologica e il maltempo ma anche in altri momenti abbiamo avuto lo stesso binomio eppure abbiamo sempre lavorato». Due giorni fa invece no. E così l’attività ha tirato il freno a mano sui colloqui per le assunzioni degli stagionali, mandando in ferie una parte del personale.

Il problema, vocifera più di un commerciante tra via Capo le Case e Fontana di Trevi, una volta passata l’emergenza del virus, sarà quello di convincersi del ritorno alla normalità. «La perdita finora stimata - spiega Luciano Sbraga presidente della Fipe-confcommercio Roma - va dai 3 ai 4 milioni di euro al giorno di ricavi che non ci sono. Meno turisti, meno romani che escono, meno eventi. Lo sforzo sarà quello di superare un danno forte all’immagine del Paese». Anche nella centralissima piazza di Spagna che soprattutto la domenica è gremita di persone e turisti - pioggia o sole, vento o freddo che sia - non c’è quasi nessuno che si fa scattare una foto ai piedi della scalinata di Trinità dei Monti. Pure gli ambulanti - e questo è forse l’unico bene - hanno battuto in ritirata mentre Antonio, direttore di un ristorante in piazza Mignanelli fa due conti: «In una domenica normale i nostri incassi viaggiano intorno ai 13 mila euro». Quanto ha fatturato il locale l’altro ieri? «Non più di 3 mila euro», spiega il direttore. E lo stesso accade anche a San Pietro dove a Borgo Pio Nicola Marchesani, ristoratore, sarà costretto «se le cose non si riprendono a licenziare due dipendenti la fine del mese».

Roma che si chiude ma pure Roma che si riscopre bella e tenace: Campo de’ Fiori libera dai tavolini selvaggi è una meraviglia e tra gli esercenti pur di fronte alle difficoltà c’è chi si ingegna: «Al posto delle cene abbiamo creato una serie di eventi e questo ci sta aiutando, non dobbiamo perderci d’animo», racconta Tina Vannini dal suo locale in via Margutta.
Anche se poi nella Roma surreale e deserta in un lunedì lavorativo il rumore continua a restar lontano, con i taxi che corrono veloci perché anche il traffico si è arreso. 

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