Violenta la figlia da quando va alle elementari, condannato a 7 anni. Il fidanzatino l'ha convinta a denunciare il padre

La minorenne era andata a vivere in una casa famiglia, ma poi è tornata a casa dei genitori

Violenta la figlia da quando va alle elementari, condannato a 7 anni. Il fidanzatino l'ha convinta a denunciare il padre
di Giulio Pinco Caracciolo
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Lunedì 11 Dicembre 2023, 23:58 - Ultimo aggiornamento: 12 Dicembre, 13:26

I primi abusi risalgono a quando la bambina andava alle elementari. Ieri è stato condannato a sette anni di carcere per violenza sessuale sulla figlia minorenne un 43enne nato a Bucarest e residente a Roma da diverso tempo. Poco prima della lettura della sentenza, ha raccontato la sua versione dei fatti davanti ai giudici della quinta sezione.

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«Non mi spiego come sia potuto accadere, non capisco per quale motivo mi abbia denunciato – ha detto l’uomo – abbiamo sempre avuto un buon rapporto e io non ho fatto nulla.

A volte, scherzando le tiravo qualche pizzicotto ma niente di più». Eppure il pm Antonella Pandolfi - che aveva richiesto una condanna ancora più pesante a 12 anni di reclusione – aveva illustrato in aula una realtà ben diversa fatta di violenza e omertà. 


LA VICENDA
È il 2004 e Vanessa (nome di fantasia) è una bambina allegra e spensierata nonostante il disagio di una vita molto umile. Lei e la sua famiglia sono arrivati da poco in Italia. All’epoca, non avendo molte possibilità economiche, vivono in una baracca fatiscente all’interno di un campo rom nel quartiere Massimina, periferia est della capitale. Quattro tavole di legno che formano una stanza nella quale dormono in sei: Vanessa con la sorella, i genitori e i nonni. Nonostante la situazione, le bambine vanno a scuola mentre mamma e papà si arrangiano con qualche lavoretto saltuario. Tutto sembra procedere in maniera regolare.

Dopo sei mesi, la famiglia riesce ad ottenere un alloggio dal Comune e la situazione migliora. «Non ho mai raccontato nulla perché mio padre mi diceva che era un nostro segreto», ha detto Vanessa interrogata dagli inquirenti. E quello che la giovane donna, oggi 19enne, non ha mai raccontato è terribile. A soli 7 anni la prima violenza. Costretta a subire palpeggiamenti delle parti intime quando mamma e nonna non sono in casa. A volte sotto le coperte con la scusa di un gioco tra padre e figlia. A otto anni gli abusi diventano ancora più pesanti. «Mi ha violentata regolarmente due o tre volte al mese fino a quando non ho compiuto tredici anni», ha raccontato la ragazza nella denuncia. Eppure lei ha mantenuto un bel rapporto con il papà, ha continuato a vivere nella stessa casa insieme ai genitori, e dice di non cercare vendetta nei confronti del suo aguzzino, che ha perdonato. 


LA DENUNCIA
Viene da chiedersi allora cosa abbia spinto la ragazza a denunciare. Semplicemente l’amore, dice il pm Pandolfi in aula poco prima di chiedere la condanna: «Da qualche anno Vanessa si è fidanzata con un ragazzo romano del quale è innamoratissima». Ed è proprio a lui che la giovane racconta quello che ha tenuto nascosto per anni ma che non ha affatto dimenticato. Il ragazzo prima le consiglia di parlare con la madre. Tentativo che non va come sperato, perché la donna tende a minimizzare l’accaduto e avvisa subito il marito che nega tutto. «Mia figlia mi ha denunciato perché si droga – dice lui in aula – fuma le canne insieme al fidanzato e per questo ha inventato delle storie».

È a questo punto che il fidanzato di Vanessa la mette in contatto con gli assistenti sociali e con una psicologa. Inizialmente la ragazza non si fida ma poi dopo vari incontri si confida narrando un’infanzia fatta di violenze sessuali costanti che, agli occhi di una bambina che non conosce ancora il mondo, sembrano quasi normali. Un racconto lucido, preciso. La ragazzina viene messa in una casa famiglia ma poi, compiuti 18 anni, torna dai genitori. Una rapporto complicato quello tra Vanessa e il padre. Ieri la condanna che chiude un capitolo di questa vicenda con il sospetto, avanzato in aula dal pm, che anche la sorella di Vanessa possa aver subito gli stessi terribili abusi.
 

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