Rifiuti a Roma, i viaggi fuori regione costano 230 milioni in più: la mancanza di impianti pesa sulla Tari

Ora si rischia lo stop allo smaltimento dell'indifferenziata: la società E.Giovi chiede più soldi

Rifiuti a Roma, i viaggi fuori regione costano 230 milioni in più: la mancanza di impianti pesa sulla Tari
di Francesco Pacifico
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Lunedì 11 Dicembre 2023, 06:28 - Ultimo aggiornamento: 14:12

Senza discariche funzionanti nel Lazio (è aperta soltanto quella di Viterbo, ma a scartamento ridotto) e in attesa dell'avvio del termovalorizzatore, Ama è stata costretta a spendere nell'ultimo triennio circa 230 milioni di euro in più del dovuto per smaltire i suoi rifiuti. Una spesa extra che si confermerà anche quest'anno. Negli anni scorsi la Regione, fissando la tariffa per gli impianti del Lazio che trattano la spazzatura indifferenziata, ha riconosciuto 56 euro in più a tonnellata per gli extracosti che queste imprese (per lo più Tmb e tritovagliatori) devono accollarsi per portare in discarica gli scarti di lavorazione. Invasi che sono fuori dal Lazio. Questi cinquantasei euro sono stati, secondo Ama, poi in parte inseriti a livello strutturale nell'ultima tariffa emanata dall'ente di via Cristoforo Colombo: 176 euro a tonnellata. Tutti soldi, pagati dai contribuenti attraverso la Tari e che - con un ciclo dei rifiuti funzionante e più economicamente sostenibile - invece andrebbero utilizzati per costruire nuovi impianti e per garantire un migliore servizio di raccolta e di spazzamento della città.

IL RISCHIO

Ma le proporzioni di questo salasso potrebbero anche raddoppiare.

EGiovi, proprietaria dei Tmb di Malagrotta, chiede che Ama, oltre alla tariffa stabilita dalla Regione, continui a riconoscerle l'extracosto di 50 euro per portare gli scarti di lavorazione fuori dal Lazio. Perché - spiegano dall'azienda - l'autorità del settore Arera non permette alle Regioni di inserire nel listino anche le spese straordinarie di natura logistiche. Se non bastasse, lamenta anche che ha lavorato per via Calderon de La Barca con una tariffa non aggiornata dal 2014. Di conseguenza, ha presentato, soltanto per il passato un conto superiore ai 30 milioni di euro.

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Per la cronaca, Ama per il futuro è disposta a pagare soltanto i 176 euro previsti dall'ultima determina regionale. Ma la situazione rischia di gettare in una nuova crisi di rifiuti l'intera città di Roma: EGiovi, dopo il rogo del Tmb2 di Malagrotta, tratta giornalmente tra le 500 e le 600 tonnellate al giorno. Ma ha già fatto sapere sia al suo cliente sia alla Prefettura di Roma che a queste condizioni rischia di non poter più lavorare per Roma. Tradotto, non accetterà più il talquale della Capitale, che resteranno in strada.
Lo stesso problema EGiovi lo ha con il Comune di Fiumicino e città del Vaticano. Per sbrogliare la matassa ed evitare di ritrovarsi a Natale con i cassonetti traboccanti, dopo domani il prefetto Lamberto Giannini ha convocato una riunione a Palazzo Valentini con le parti e gli enti locali coinvolti. Ma c'è un altro risvolto in questa vicenda più preoccupante per Ama: se EGiovi vedrà accolta la sua richiesta, la municipalizzata dovrà pagare lo stesso extracosto alle altre aziende laziali alle quali manda il suo talquale. Attualmente Ama tratta poco meno del 30 per cento dell'indifferenziata, appoggiandosi a fornitori come Csa, Guidonia Ambiente, il gruppo Porcarelli e Saf. In quest'ottica rischia di spendere almeno altri 60 milioni all'anno.


Proprio per contenere la spesa sui conferimenti via Calderon de La Barca si appresta a lanciare una gara unica per trovare un solo fornitore a livello nazionale che tratti gli 1,8 milioni di rifiuti prodotti all'anno a Roma. E che si prenda in carico anche l'onere di mandare gli scarti in discarica. Ma anche su un altro fronte si vuole seguire la strada del mercato: il Cda ha deliberato di andare a gara anche per le manutenzioni degli automezzi, un nodo molto sensibile in azienda visto che in primavera l'azienda si è trovata con il 70 per cento della flotta ferma nelle officine. Dietro questa scelta ci sono motivazioni di trasparenza ed economiche. Dopo la crisi sul versante delle riparazioni, la municipalizzata ha deciso prima di non prorogare gli affidamenti già scaduti con alcuni fornitori, poi di annullare la gara per trovarne nuove officine perché era stata presentata una sola offerta. Si è andati verso affidamenti diretti, trattando con le case che producono i mezzi. Risultato? Prima della crisi si pagavano tra i 20 e 48 euro all'ora di manodopera, ora - anche per l'aumento dei costi dei ricambi e dell'inflazione - siamo intorno ai 65. Con la gara si spera di risparmiare qualcosa.
 

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