La perseguita con messaggi e video hot, ma è un'omonima dell'ex fidanzata: «Ho sbagliato»

L’uomo, a processo per stalking, ha detto che è stato un errore e si è scusato in aula. La donna aveva cambiato numero dopo la fine della storia: lui l’aveva cercata in rete

La perseguita con messaggi e video hot, ma è un'omonima dell'ex fidanzata: «Ho sbagliato». A processo per stalking
di Giulio Pinco Caracciolo
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Martedì 31 Ottobre 2023, 23:52 - Ultimo aggiornamento: 1 Novembre, 07:21

«Ricevevo chiamate e messaggi in continuazione. Quando ero in famiglia, durante gli orari di lavoro e addirittura mentre ero in compagnia di mio figlio, che all’epoca aveva solo due anni». È il racconto di un vero e proprio incubo quello di Paola (nome di fantasia) durato per un intero anno, dal 2013 al 2014. Ora a processo per stalking è finito M.L. 60enne, che avrebbe perseguitato la donna giorno e notte ininterrottamente facendo crescere ansia e angoscia per una situazione diventata improvvisamente incontrollabile. 

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«Mi ricordo che è iniziato un giorno qualunque, senza un’apparente motivazione.

All’inizio quando ho ricevuto le prime chiamate da un numero sconosciuto ho risposto tentando di spiegare che non ci conoscevamo e che probabilmente aveva sbagliato persona, ma non è servito a nulla». Ma l’imputato, a suo dire, era convinto che Paola, rappresentata dall’avvocato Cinzia Roberti, fosse proprio la persona che stava cercando: la sua ex fidanzata che avrebbe voluto perseguitare perché, “colpevole”, secondo lui, di averlo lasciato dopo un rapporto burrascoso durato qualche mese tra il 2012 e il 2013. Paola, invece, era solo un’omonima della vittima designata. 

LA VICENDA
«Quell’uomo ha rintracciato il mio numero di cellulare facendo una semplicissima ricerca online perché all’epoca facevo parte di un’associazione e avevo lasciato il mio contatto non immaginando potesse succedere una cosa simile». L’uomo non era riuscito ad accettare la fine della relazione con la ex. Lei lo aveva lasciato e, dopo avere bloccato il suo numero, aveva cambiato recapito. Ma l’imputato era deciso a rintracciarlo e così aveva cercato in rete, trovando Paola. Stesso nome, stesso cognome. È bastato tanto per cominciare la persecuzione. «Erano tutti messaggi a sfondo sessuale. Schifosi. - ha raccontato la vittima - E poi ricevevo video erotici in cui lui mostrava le parti intime». Paola è una professionista, dedita al lavoro e alla famiglia, con un figlio di due anni. La vergogna e l’imbarazzo per quelle immagini raccapriccianti che ogni giorno vedeva comparire sul suo cellulare iniziano a diventare insostenibili. «Dapprima gli ho anche parlato e oltre a dirgli di smettere ho cercato di spiegargli che si stava sbagliando, che la donna che stava cercando non ero io. Gli ho detto che era un caso di omonimia e che non ci conoscevamo» ma a nulla sono servite le spiegazioni. Lui ha continuato e poi, ha deciso di bloccarlo. «Per qualche settimana c’è stata una pausa. Il telefono aveva smesso di vibrare e non ho più ricevuto video o sms nel cuore della notte». Poi però l’incubo ricomincia da numeri anonimi. «Dato che non sapevo che faccia avesse ho avuto anche paura che potesse presentarsi al lavoro o addirittura sotto casa. Potrebbe anche averlo fatto ma io non avevo la possibilità di riconoscerlo». Tutto si interrompe solo dopo diversi mesi, quando la donna decide di denunciarlo per stalking.

LA DIFESA
L’imputato, presente in aula, ha tentato di giustificarsi davanti alla giudice Ilaria Amarù, alludendo ad un suo presunto stato di alterazione psichica di quel periodo. «Ero incosciente vostro onore. Soffrivo di depressione e sono stato in cura da uno psicologo per diversi anni. Poi ho deciso di interrompere la terapia perché non potevo più permettermelo economicamente. Quando mandavo messaggi e facevo chiamate, prendevo una serie di psicofarmaci, benzodiazepine che mischiavo con una bottiglia intera di Jack Daniels. Quindi non mi rendevo conto di quello che stavo facendo». Rimane però da chiarire perché l’uomo, una volta rinsavito dal mix di farmaci e alcol non si sia mai reso conto di quanto accaduto la sera prima guardando, semplicemente, la cronologia del suo cellulare. Un dubbio che verrà affrontato alla prossima udienza. Per ora rimangano solo le scuse pubbliche del presunto stalker che in aula si prende qualche minuto per rivolgersi agli avvocati ma senza mai guardare in faccia la vittima «perdonatemi, non volevo recare danno a nessuno».
 

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