Mafia a Roma, il patto tra Spada e ‘ndrangheta per la droga e la gestione dei negozi. «A cena con i boss in cella»

L’uomo del clan intercettato: «Al tavolo con 16 calabresi, io ero l’unico di Ostia»

Mafia a Roma, il patto Spada-‘ndrangheta per la droga e gestione dei negozi. «A cena con i boss in cella»
di Valentina Errante
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Martedì 13 Dicembre 2022, 22:23 - Ultimo aggiornamento: 15 Dicembre, 10:13

Un’alleanza tra la cosca Bellocco di Rosarno e il clan Spada per gestire il traffico di droga sul litorale romano. Ma soprattutto per assicurare che alcuni calabresi, titolari di esercizi commerciali a Ostia ed Anzio, non avessero problemi sul territorio. C’è anche questo nell’inchiesta del Ros dei carabinieri coordinata dalla procura di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri. E tra i 76 arresti di ieri, ci sono anche tre indagati legati al clan Spada: Manuel Granato, che sta scontando una condanna definitiva a sei anni e mezzo per alcune estorsioni e minacce nell’ambito dell’occupazione degli alloggi popolari a Ostia, ma anche per le gambizzazioni contro i Baficchio; Samy Serour “Sammy l’egiziano” e il fratello Ramy che, per conto del clan, avrebbero gestito pizzerie e locali commerciali a Ostia.

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GLI ACCORDI

Gli accordi, secondo gli inquirenti, sarebbero nati nel carcere di Lanciano, dove i detenuti riuscivano a fare entrare cellulari e schede telefoniche e dove è nato il legame tra Umberto Bellocco, detto “Chiacchiera”, e Ramy Serour, arrestato nel gennaio 2018 come appartenente al clan Spada.

Un’amicizia importante che garantiva a Serour anche dei privilegi all’interno dell’istituto: «La verità fra’ - dice al fratello non sapendo di essere intercettato - la verità, oggi io sono stato invitato ad un tavolo, eravamo diciassette persone, tutti... la ‘ndrangheta!».

A condurre le trattative con il clan romano per le partite di cocaina sarebbe stato Gioacchino Bonarrigo, 38 anni, anche lui arrestato nell’operazione di ieri. Ex latitante arrestato nel 2017 ad Amsterdam, Bonarrigo sarebbe andato più volte a Ostia per incontrare esponenti degli Spada e rifornirli con la droga importata da Amsterdam. Mentre Serour si sarebbe occupato attraverso la moglie, di garantire al boss detenuto la consegna dei telefoni cellulari. La donna li avrebbe consegnati a un altro detenuto il quale, approfittando del suo status di semilibertà, li avrebbe portati all’interno. 

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Bellocco grazie al suo spessore criminale si sarebbe avvalso di alcuni detenuti che godevano del regime di semilibertà per rifornirsi dei telefonini. «Ma soprattutto - si legge nell’ordinanza - intesseva relazioni con esponenti di diverse associazioni criminali, quale Ramy Serour, componente del clan Spada di Ostia, anch’egli coinvolto nel procacciamento di apparecchi telefonici. Attraverso tali strumenti di comunicazione con l’esterno, Bellocco veniva posto a conoscenza di tutti i più importati avvenimenti della operatività criminale della stessa, si informava di iniziative su alcuni specifici settori - è ancora il contenuto del provvedimento -, come quello delle estorsioni riconducibile al meccanismo delle cosiddette guardianie, dando specifiche disposizioni e dirimendo le questioni che via via insorgevano, in particolare intervenendo in prima persona ove necessario per comporre le controversie con esponenti di altre articolazioni della associazione, con i quali lo stesso ha anche interloquito personalmente mediante le suddette utenze telefoniche». 

 

Il 26 settembre 2019, Ramy Serour racconta a Maximimino Soto Rojas, la vita carceraria e le consuetudini all’interno del penitenziario di Lanciano. Soto Rojas, incuriosito dalla circostanza, chiedeva al Serour chi comandasse all’interno del carcere, alludendo chiaramente alle gerarchie criminali capaci di imporsi all’interno del penitenziario. «Fra, quell’amico mio che ti ho detto», e l’altro risponde «ah, Umbertino». A quel punto, l’amico gli chiede di intervenire e lui si impegna a chiedere l’intervento di Bellocco: «Ho capito. Ora vedo se domani posso, adesso parlo con questo amico mio, vedo se ci può mandare qualcuno». Il nodo riguardava alcuni calabresi con interessi sul litorale che avevano posto in essere delle azioni criminali con il chiaro fine intimidatorio nei confronti delle consorterie locali. «Il problema ce l’abbiamo con l’amico dell’amico tuo che sta li dentro...L’amico di Umberto là», quegli stessi che avevano posto in essere delle azioni criminali con il chiaro fine intimidatorio nei confronti delle consorterie locali. E alla fine basta fare il nome: «Quando gli ho detto il nome dell’amico tuo, fra’, ti dico si stava a mettere, no bianco, di più! Mi ha detto: “Ma davvero lo conosci?”. Gli ho detto: come no? Stava proprio in cella con il compagno mio. Sono come fratelli». 

LA DROGA

Secondo la ricostruzione la trattativa per gestire la partita di droga avviene attraverso Gioacchino Bonarrigo e gli esponenti del clan “Spada”. «Francesco Palaia - si legge nell’ordinanza - spiegava a Bellocco come i rapporti tra le due cosche fossero buoni e che in passato li avessero già “favoriti” nello svolgimento di altre attività illecite». «L’organizzazione dell’operazione prendeva avvio a seguito della scarcerazione di Gioacchino Bonarrigo - scrive il gip - soggetto legato alla compagine diretta da Bellocco al quale venivano riconosciute indubbie capacità manageriali nel settore degli stupefacenti». 
 

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